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Esplosione Calenzano, avvisi garanzia a 9 persone e ad Eni spa

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Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli. Le nove persone fisiche, i sette dirigenti di Eni, più il datore di lavoro e il preposto alle attività di Sergen, sono indagati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali, mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata ai sensi della L.231 sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni

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La procura di Prato ha inviato avvisi di garanzia alla società Eni spa, e a nove persone - sette dirigenti di Eni e due della società appaltatrice Sergen - per le ipotesi, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali per l'esplosione del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano (Firenze), che causò cinque morti e ingenti danni materiali. Lo ha reso noto il procuratore Luca Tescaroli. 

Le nove persone fisiche, i sette dirigenti di Eni, più il datore di lavoro e il preposto alle attività di Sergen, sono indagati a vario titolo di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali, mentre l'Eni spa, sede di Roma, è indagata ai sensi della L.231 sulla responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni. 

 

"Ci fu errore grave e inescusabile"

Le quattro esplosioni al deposito Eni di Calenzano (Firenze) sono state un "evento prevedibile e evitabile" sulla base di risultanze investigative. Lo ha detto il procuratore di Prato Luca Tescaroli parlando di  "errore grave e inescusabile" secondo quanto emerge dall'analisi della documentazione di sicurezza rilasciata a Eni a Sergen, e dalle attività di Sergen, "vale a dire la presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore", che "ha generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen". 

 

I reati ipotizzati per l'esplosione del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano (Firenze), che causò cinque morti e ingenti danni, sono stati "commessi" dai rappresentanti dell'organo dirigente di Eni "Patrizia Boschetti e Luigi Collurà" e dagli altri indagati "inseriti nella struttura di Eni", "Di Perna, Bini, Ferrara e Proietti", "nell'interesse e a vantaggio di Eni", "in assenza del modello organizzativo, adottato prima dei fatti, che contenesse misure precauzionali volte a impedire la situazione di rischio prevedibile e evitabile che ha prodotto le esplosioni e l'incendio, tipologia di evento che Eni spa, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa", ha proseguito il procuratore di Prato.

 

"Per interesse e vantaggio, quindi" Eni e i suoi dirigenti, afferma la procura di Prato, hanno "permesso la contemporaneità dell'attività lavorativa di manutenzione e di carico di autobotti nella stessa area sotto le pensiline, senza interrompere i carichi delle autobotti, agevolando così - sostiene il procuratore Tescaroli - il mantenimento della produttività funzionale all'attuazione delle strategie imprenditoriali dettate dalla stessa casa madre Eni spa ed escludendo la necessità di dilatare i tempi di attesa degli autisti mentre avvengono manutenzioni lungo le pensiline di carico". Tale modalità, sottolinea la procura, "è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni spa, sicché l'interesse e il vantaggio sono ancor più ampliati su scala nazionale". 

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