Mahsa Rostami, l'abito da una sartoria milanese agli Oscar: "Un inno alle donne iraniane"
CronacaIl vestito, indossato dall'attrice iraniana, protagonista femminile de 'Il seme del fico sacro', è stato realizzato nella sartoria terapeutica del Centro Milano Donna 9, che si occupa di empowerment femminile per donne vittime di violenza o in stato di fragilità. A disegnarlo la designer di Teheran Sara Behbud: "I fiori sono un simbolo di unione tra donne"
Un abito simbolo, ispirato alle donne iraniane, ma dedicato a tutte le donne del mondo che resistono. Per Il seme del fico sacro di Mohammad Rasoulof, candidato all'Oscar come miglior film internazionale, l'attrice iraniana protagonista, Mahsa Rostami, ha indossato l'abito della fashion designer Sara Behbud, iraniana che vive da 12 anni a Milano. E che lo ha affidato all'associazione no-profit Promise che si trova all'interno della sartoria terapeutica del Centro Milano Donna 9, che si occupa di empowerment femminile per donne vittime di violenza o in stato di fragilità. Il vestito, indossato dall'attrice Rostami domenica nella notte delle statuette, è stato realizzato su misura da Samantha Khan, responsabile dei corsi di sartoria per le donne vittime di violenza del centro milanese. "Si è trattato di un grande atto di fiducia tra donne", racconta colei che ha realizzato l'abito. "Sarah, la designer che ce lo ha commissionato, si è affidata a noi, ed stato bellissimo. Prima della pandemia avevo una sartoria di abiti da sposa, poi ho deciso di dedicarmi alle donne vittime di violenza". Quelli che coordina Samantha sono corsi professionalizzati che hanno l'obiettivo di far conquistare un'indipendenza alle donne che partecipano, soprattutto per uscire da situazioni difficili, e purtroppo diffuse anche in una città come Milano, di violenza economica. Le vittime di violenza che frequentano i corsi di sartoria al Centro Milano Donna hanno assistito a tutte le fasi con emozione ed entusiasmo, ma non hanno realizzato con le loro mani l'abito da Oscar, sia perché erano necessarie competenze di alta sartoria, sia perché "un impegno come quello avrebbe richiesto un livello di stress troppo alto, di cui non hanno bisogno", dice Samantha, aggiungendo che la realizzazione dell'abito è stata rapidissima: "Abbiamo saputo che ci avremmo lavorato noi solo il 10 febbraio" a tre settimane dalla notte di Los Angeles.

La designer Sarah Behbud: "Un simbolo di unità tra donne, iraniane e non"
Il vestito è costituito da un corsetto decorato, ispirato al disegno del tappeto persiano, e il fiore Shah Abbasi, nei tappeti persiani, è uno dei motivi ornamentali più celebri e diffusi dell'arte iraniana. "Il concept della mia collezione è ispirato alle donne iraniane e al movimento Donna, Vità, Libertà", racconta a Sky TG24 la designer Sarah Behbud, 34 anni, cresciuta a Tehran e da 12 anni in Italia, dove si è trasferita per studiare Moda a Milano. "I fiori sui tappeti persiani sono il simbolo dell'unità delle donne, e non solo iraniane: al Centro del Municipio 9 mi sono state raccontate molte storie di violenza, che purtroppo è trasversale. Così ho deciso di dare loro una mano". A breve sarà presentata la sua prima capsule-collection con elementi innovativi ispirati ai disegni persiani elaborati con tecnologie industriali, e parte del ricavato sarà devoluto ai corsi di sartoria del Centro Donna. Sarah racconta di non tornare in Iran da tre anni, dopo che nel 2022 il caso Mahsa Amini ha infiammato il Paese, dopo l'uccisione della 22enne curda dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo, le donne iraniane si sono ribellate per le strade delle città iraniane, chiedendo giustizia per Mahsa e bruciando gli hijab. "I miei amici che vivono lì mi raccontano però di un risveglio collettivo: moltissime donne non mettono più il velo nonostante la paura di essere arrestate, o peggio, uccise". E anche la protagonista femminile de Il seme del fico sacro che ha indossato il vestito a fiori, Masha Rostami, è iraniana ed è "dovuta scappare dal suo Paese". Quell'abito è dedicato a lei, e a tutte le donne che resistono.

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