Omicidio Fabio Ravasio, al via il processo per Adilma Pereira Carneiro e altri sette

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Si è aperto davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Busto Arsizio il processo per la morte del 52enne, travolto e ucciso mentre era in bicicletta il 9 agosto nel Milanese. Sul banco degli imputati 8 persone, accusate a vario titolo di concorso in omicidio volontario premeditato: tra loro la compagna di Ravasio Adilma Pereira Carneiro, detta la "mantide di Parabiago", considerata la mente del piano omicida. Chiesta la perizia psichiatrica per due imputati, l'udienza è stata aggiornata al 24 febbraio

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Si è aperto oggi davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Busto Arsizio il processo per la morte di Fabio Ravasio, travolto e ucciso mentre era in bicicletta lo scorso 9 agosto a Parabiago, nel Milanese. Sul banco degli imputati ci sono otto persone, accusate a vario titolo di concorso in omicidio volontario premeditato: tra di loro la compagna di Ravasio Adilma Pereira Carneiro, detta la "mantide di Parabiago". Poi il figlio della donna Igor Benedito, che nella ricostruzione degli inquirenti era alla guida dell'auto con tanto di parrucca per non essere riconosciuto, Marcello Trifone, marito della 49enne che era sull'auto che investì Ravasio, Fabio Oliva, meccanico e presunto ultimo amante di Adilma, il barista Massimo Ferretti, Fabio Lavezzo, fidanzato della figlia della 49enne, e Mirko Piazza, che secondo l'accusa fecero da palo al momento del finto incidente, e Mohamed Daibi, che si gettò a terra fingendo a sua volta un malore per bloccare il traffico e agevolare la fuga dell'auto (la Opel di Adilma, scopriranno poi gli inquirenti) dopo l'investimento. La Corte ha accolto la costituzione di parte civile di Annamaria Trentarossi e Mario Ravasio, i genitori della vittima, assistiti dagli avvocati Barbara D'Ottavio e Francesco Arnone e dal professor Francesco Camilletti. Ammesso come parte civile nei confronti di tutti gli imputati anche Giuseppe Ravasio, cugino di Fabio. L'udienza è stata poi aggiornata al 24 febbraio.

Uno degli imputati chiede la giustizia riparativa 

"Per voi sarebbe certo una sofferenza atroce, per me è il solo modo per salvarmi". Uno degli imputati, Massimo Ferretti, ha chiesto di essere ammesso all'istituto della giustizia riparativa: lo ha fatto leggendo in aula una lettera con la quale si scusa con i genitori di Ravasio per quanto accaduto. "Non oso immaginare quale dolore possa essere perdere un figlio. Lo dico perché sono padre anch'io", ha proseguito Ferretti. "Sto cercando di recuperare quanti più soldi possibili per risarcire il danno materiale. Per quello dell'anima non posso fare nulla. Da quando sono in carcere sono tornato il Massimo di prima. Sono tornato una persona per bene. So che per voi è impossibile da credere ma vi prego di darmi l'occasione di dimostrarlo". Il parere del pubblico ministero Ciro Caramore all'ammissione alla giustizia riparativa è negativo. I genitori di Ravasio, Mario Ravasio e Annamaria Trentarossi, non hanno voluto commentare. I legali di parte civile hanno chiarito che valuteranno la richiesta in futuro. Sulla sincerità delle scuse di Ferretti gli avvocati hanno commentato soltanto: "Dovete chiedere all'imputato".

Chiesta perizia psichiatrica per Trifone e Benedito

Il pubblico ministero di Busto Arsizio Ciro Caramore ha poi chiesto una perizia psichiatrica, sulla capacità di intendere e di volere e soprattutto di stare in giudizio, per Marcello Trifone. "Molti hanno sollevato dubbi sulla capacità dell'imputato - ha detto il Pm - Non esiste però una documentazione medica relativa ad un eventuale deficit cognitivo. Una perizia psichiatrica sgombererà il campo da ogni dubbio". La difesa di Trifone si è associata chiedendo, inoltre, che un consulente di parte possa visitare Trifone in carcere per una valutazione preliminare. La Corte ha accolto quest'ultima richiesta rinviando la decisione sulla perizia all'esito della consulenza. La difesa ha chiesto una perizia psichiatrica anche per un altro imputato, Igor Benedito, ammonito dal presidente Giuseppe Fazio per aver alzato il dito medio all'indirizzo delle parti civili. Gesto notato anche dalla polizia giudiziaria, che potrebbe portare conseguenze penali per l'imputato, che si è poi scusato attraverso il proprio legale.

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Le accuse

Adilma Pereira Carneiro, 49enne brasiliana, è accusata di essere la mente del piano ordito per assassinare il suo compagno Fabio Ravasio. Lei continua a dichiararsi innocente. Il 9 agosto del 2024 l’uomo è stato travolto e ucciso da un’auto mentre tornava a casa in bicicletta a Parabiago: in un primo momento sembrava che Ravasio fosse rimasto vittima di un incidente e di un pirata della strada, poi è emerso che - stando alle accuse - si è trattato di un piano escogitato dalla compagna e messo in atto con l’aiuto di altri sette uomini. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la donna voleva impossessarsi dei beni di Ravasio: il giorno prima della morte del 52enne, avrebbe tentato di far registrare all'anagrafe i suoi ultimi due figli con il cognome di Ravasio, manipolando alcuni documenti. Lo scopo, secondo gli inquirenti, era di farli diventare unici eredi del patrimonio familiare e personale dell’uomo (circa 3 milioni di euro tra beni mobili e immobili). Tuttavia, mancherebbe un atto di riconoscimento formale di Ravasio nei confronti dei bambini (che in realtà sarebbero nati dalla relazione con il marito legale Marcello Trifone, da cui non ha mai divorziato).

Il piano

Adilma Pereira Carneiro avrebbe convinto i sette uomini ad aiutarla nel suo piano, promettendo loro una parte dei beni che i suoi figli avrebbero ereditato. Il gruppo, soprattutto con l’aiuto del meccanico Fabio Oliva, secondo le ricostruzioni avrebbe rimesso in funzione la vecchia Opel Corsa nera della donna e l’avrebbe usata per mettere in scena l'incidente stradale. Alla guida della macchina che ha ucciso Ravasio, il 9 agosto, stando alle accuse c’era Igor Benedito (uno dei figli della donna) con indosso una parrucca. Nell’auto c’era anche il marito Marcello Trifone. L'amante della donna Massimo Ferretti, l'amico Mirko Piazza e il pusher Mohamed Dhabi avrebbero presidiato la strada e controllato che tutto andasse come previsto dal piano. Il genero Fabio Lavezzo, poi, avrebbe aiutato a nascondere l’auto nel box della sua casa.

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Gli arresti

Le forze dell'ordine, nonostante la targa alterata, erano riusciti a risalire all’intestataria dell’auto e hanno arrestato l'intero gruppo tra il 22 e il 26 agosto. Lavezzo è stato il primo a confessare. Anche Trifone, in un interrogatorio a settembre, ha detto che a organizzare tutto era stata Adilma Pereira Carneiro dopo che Ravasio aveva capito che la donna puntava a raggirarlo e impossessarsi dei suoi beni. Carneiro, che come detto si dice innocente, dà invece la colpa di tutto a Ferretti. A fine novembre, al termine delle indagini, il pm ha chiesto il giudizio immediato per tutti gli otto componenti del gruppo.

Negato il rito abbreviato

Adilma Pereira Carneiro, Marcello Trifone, Igor Benedito e Fabio Oliva avevano chiesto il rito abbreviato, ma il gup del tribunale di Busto Arsizio Veronica Giacoia nelle scorse settimane ha rigettato la richiesta. Il gup, per accogliere la richiesta, avrebbe dovuto escludere l'aggravante della premeditazione che accusa e parti civili considerano pacificamente provata da intercettazioni e addirittura da sopralluoghi effettuati dal gruppo lungo il tragitto che Ravasio avrebbe percorso il giorno dell'investimento. “Siamo contenti per come è andata", aveva detto la madre di Ravasio, Annamaria Trentarossi, dopo quella udienza. La donna, con il marito Mario, si è costituita parte civile assistita dagli avvocati Barbara D'Ottavio e Francesco Arnone e dal professor Francesco Camilletti. "Il giudice ha rigettato la richiesta di ammissione al rito abbreviato - aveva commentato l'avvocato D'Ottavio -. Abbiamo superato il primo ostacolo per ottenere giustizia per Fabio". 

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