Culle per la Vita: cosa sono, come funzionano e perché serve una legge che le regolamenti

Era stato riposto dalla sua mamma in un posto sicuro, che avrebbe dovuto accoglierlo. Invece non è uscito vivo da quella culla che aveva il compito di salvarlo. La drammatica storia del bimbo di un mese trovato senza vita in una culla termica all’interno della parrocchia San Giovanni Battista di Bari ha riacceso i riflettori sulle cosiddette “Culle per la vita”, strutture ideate per proteggere e tenere al sicuro i neonati lasciati dalle madri che non possono occuparsene. Si tratta di culle dotate di dispositivi che ne garantiscono il riscaldamento, la chiusura in sicurezza e il controllo 24 ore su 24 con un collegamento immediato al soccorso medico. O, come nel tragico caso di Bari, con il parroco della Chiesa. Ma ieri il cellulare di don Antonio Ruccia non è stato allertato dal consueto trillo di allarme – si stanno eseguendo verifiche su un black out elettrico avvenuto nei giorni scorsi – ed è successo il peggio. La culla in questione e il vano in cui è custodita sono stati sequestrati, mentre l'autopsia sul corpicino del neonato, prevista per oggi, è stata rinviata. La Procura di Bari ha aperto un’inchiesta per fare luce su cosa può non aver funzionato, e indaga contro ignoti per abbandono di minore con l'aggravante della conseguente morte. “Le culle per la vita sono uno strumento preziosissimo. Rappresentano un gesto estremo di accoglienza che risponde a un gesto estremo di disperazione, e non sono sovrapponibili a nessun altro tipo di servizio”, dice a Sky TG24 Insider Teresa Longoni – presidente del centro “Culle per la vita”, che da oltre due decenni si occupa di maternità non voluta. “Ma - aggiunge - devono funzionare, ed essere sicure: quello che è accaduto a Bari è gravissimo". LA STORIA DELLE CULLE PER LA VITA Le Culle per la vita sono una riedizione moderna della Ruota degli Esposti : si trattava di un semplice cilindro di legno, posto verticalmente nel vano di una finestra posta sul fronte strada di un edificio, che ruotava su un perno. Furono utilizzate fino a un secolo fa, quando nel 1923 tutte le ruote furono ufficialmente soppresse e vennero riaperte 70 anni dopo, nel 1992, per volere di Giuseppe Garrone, fondatore del Movimento per la Vita di Casale Monferrato. Ma dal 1992 a oggi questo tipo di dispositivi ha funzionato pochissimo, “perché arriviamo a dieci bambini salvati in oltre 30 anni”, spiega la presidente. Mentre i parti anonimi all’anno in Italia si stima siano circa 300. QUANTE CULLE CI SONO IN ITALIA E DOVE SI TROVANO Le culle per la vita distribuite in Italia da Nord a Sud sono al momento 60 e si tratta dispositivi donati da enti privati, cittadini o organizzazioni di fundraising. Per questo non esistono in ogni regione – al momento Calabria, Friuli, Molise, Sardegna, e Trentino ne sono sprovviste. “Il servizio che facciamo è importantissimo, ma purtroppo queste culle non sono normate: non esiste un ente che le regola, e questo rappresenta un serio problema”, spiega Longoni. Inizialmente vennero promosse soprattutto da centri legati al Movimento per la vita italiano, ma successivamente sono sorte tantissime altre culle “laiche”, alcune promosse dall’associazione “Ninna Ho” che fa capo alla Fondazione Francesca Rava di Milano: “Le loro sono le uniche che hanno ricevuto un finanziamento pubblico dal Ministero delle Politiche sociali”, spiega Longoni, “mentre tutte le altre sono finanziate da associazioni o privati cittadini: per capirci, se una persona domani decide di aprire una Culla nell’androne del proprio palazzo lo può fare”. E su questo punto il collegamento con il caso di Bari è inevitabile: “Quello che è accaduto in quella parrocchia è gravissimo. L’enorme problema delle culle è proprio che non hanno nessun riferimento legislativo. Nonostante si tratti di presidi sociosanitari”. COME FUNZIONA UNA CULLA IN SICUREZZA “Quella della parrocchia di Bari fortunatamente negli ultimi anni ha salvato due bambini” - uno nel 2020 e uno nel 2022 – “ma non era una culla in sicurezza e quello che è accaduto lo ha dimostrato”, spiega Longoni. “Trovo che sia gravissimo un servizio di questo tipo sia collegato a un solo telefono”. La presidente porta come esempio virtuoso quello di una culla che si trova ad Abbiategrasso , donata al suo centro nel 2016: “È posizionata all’interno del perimetro della sede del 118, quindi con un presidio dell’ambulanza 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. E si attiva schiacciando un pulsante dall’esterno”. Dopodiché la botola si richiude, si attivano il sensore del calore, una sirena e la telecamera che illumina cosa è stato depositato. A quel punto poi l’operatore interviene, chiama i Carabinieri e carica il neonato sull’ambulanza e la porta al primo ospedale. Soprattutto, sottolinea Longoni, “l’avviso che la culla si è attivata viene inviato a tre diversi cellulari, non uno solo come nel caso di Bari. Inoltre ogni mese viene effettuata una simulazione per verificare che la procedura non abbia problemi”. Questa, ripete, è una culla che funziona: “Quella in cui una donna può essere certa che il suo bambino verrà accolto. Non riesco a immaginare la disperazione di quella madre nello scoprire che il piccolo che credeva al sicuro non è sopravvissuto”. "SERVE UNA LEGGE: LA POLITICA SE NE OCCUPI" Insomma, insiste la presidente, non basta una buona idea per fare del bene. Per questo è necessaria una legge che le regolamenti. “La prima proposta di legge è del 2009, e da allora sono state depositate cinque proposte che giacciono in Parlamento” e insistono su due punti in particolare. Chiedono in primo luogo che la madre che lascia il bambino in culla non sia passibile di denuncia di abbandono di minore come invece oggi accade, e in secondo luogo si chiede che le culle siano autorizzate e che abbiano degli standard sicuri sociosanitari con una gestione demandata alle Regioni. “Una legge semplice, ma di cui pare che nessun governo si voglia però occupare”, spiega Longoni, preoccupata per la sorte di questo servizio "culturale" che ritiene "prezioso": "Spero che la politica non chiuda le Culle, ma apra gli occhi e abbia il coraggio di approvare una legge che tuteli queste madri disperate. Donne che davanti a un figlio non voluto scelgono comunque di dargli la vita, sapendo che è l’unica e l'ultima cosa che possono offrirgli".

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