Inchiesta hacker, il pm: "Gruppo ha contatti con mafia e servizi segreti, anche stranieri"

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Nuovi dettagli nell'indagine milanese sui dossieraggi. Per gli inquirenti, l'organizzazione avrebbe "bucato" il Centro dati del ministero dell'Interno grazie a un virus e a "persone di fiducia" tra coloro si occupano della creazione e manutenzione dell'archivio. "Ho un hard disk con 800mila dati riservati", diceva un arrestato. E spunta l'ipotesi di un "utilizzo abusivo" o di una "clonazione" di un account e-mail nelle disponibilità del capo dello Stato. Meloni: "Nessuno Stato di diritto può tollerare tutto questo"

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Emergono nuovi dettagli dell'inchiesta sul presunto furto dalle banche dati ad opera di un'organizzazione di hacker ed ex appartenenti alle forze dell'ordine. Il gruppo, al centro dell'indagine milanese sui dossieraggi, godrebbe "di appoggi di alto livello in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri". A scriverlo negli atti il pm della Dda Francesco De Tommasi, secondo cui "gli indagati spesso promettevano e si vantavano di poter intervenire su indagini e processi". Il pm spiega inoltre che il gruppo riconducibile alla società Equalize aveva una struttura "a grappolo", in cui ogni "componente" e "collaboratore" ha a sua volta "contatti nelle forze dell'ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni" con cui "reperire illecitamente dati".

Le intercettazioni con Calamucci

Nunzio Calamucci, considerato il braccio operativo dell'amministratore delegato della Equalize ed ex "superpoliziotto" Carmine Gallo,  a un certo punto evidenzia - come emerge dalle carte della procura - che il loro gruppo ha rapporti con i servizi segreti e insiste sempre sulla necessità di mimetizzare la fonte dei dati, in quanto allegare estratti conti, pagine Sdi, eccetera ai report prima o poi crea problemi". Intercettato, Calamucci dice: "Noi abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia, i nostri clienti importanti. Contatti tra i servizi deviati e i servizi segreti seri ce li abbiamo, di quelli lì ti puoi fidare un po' di meno, però li sentiamo, fanno chiacchiere, sono tutte una serie di informazioni ma dovrebbero diventare prove, siccome quando cresci, crei invidia, soprattutto". Calamucci, nell'inchiesta, è stato arrestato.

"Bucato il ministero degli Interni"

Spunta inoltre la possibilità che gli arrestati abbiano "bucato" il sistema del ministero dell'Interno. In una intercettazione dell'ottobre 2022, pubblicata dal Corriere della Sera, Calamucci sosteneva che "l'accesso al Centro dati del ministero dell'Interno" avvenisse in due modi: attraverso un virus informatico ("Rat") che "l'organizzazione ha inserito nei relativi server" e "grazie all'infiltrazione" di persone di fiducia all'interno del gruppo di lavoro che ha realizzato quell'infrastruttura informatica e che si occupa anche della sua manutenzione. "Abbiamo fortuna", si sente dire nell'intercettazione, il che "ancora per poco per noi è un vantaggio enorme. Abbiamo quattro anni e mezzo di vantaggio su tutti perché i miei hanno la manutenzione. Nel frattempo, scarichiamo più dati possibile".

Il colloquio con i "fabbri"

Con "ancora per poco", spiega ancora il quotidiano, Calamucci fa riferimento al fatto che l'infrastruttura di rete e software del Viminale sia in continuo aggiornamento, e quindi la presunta organizzazione di hacker ed ex appartenenti alle forze dell'ordine avrebbe dovuto anche lei "aggiornarsi" per continuare a "bucare" il sistema. Per gli inquirenti, Calamucci in proposito fa riferimento a un colloquio obbligato con i "fabbri", cioè coloro che "hanno realizzato le chiavi d'accesso alla banca dati" e che "le hanno fornite al gruppo di Equalize".

"Ho un hard disk con 800mila dati riservati"

Calamucci avrebbe avuto "a disposizione" un "hard disk contenente 800mila Sdi", ossia informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell'ordine. "Ottocentomila Sdi, c'ho di là", si sente in un'intercettazione dello scorso gennaio mentre parla con Gallo. E in un'altra conversazione del novembre 2023, Calamucci avrebbe avuto la preoccupazione di "mettere da parte", ovvero trasferire dati, di "sei, sette milioni di chiavette che c'ho io". Aveva una "mole di dati da gestire - scrivono i pm - enorme, pari almeno a 15 terabyte". Lo si legge negli atti dell'inchiesta della Dda di Milano.

La mail di Mattarella

Esiste un'altra intercettazione, sempre dell'ottobre 2022 e riportata anch'essa dal Corriere, in cui Calamucci lascia intendere a Gallo di "di aver intercettato, o essere riuscito a utilizzare abusivamente" se non "a clonare" un "indirizzo e-mail assegnato" al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "Ho sentito un amico, mi ha detto: 'Mi raccomando, stampatela da una stampante non riconducibile'. Gli faccio: 'Sì, guarda che noi l'abbiamo spedita a venti persone, più tre mail, una mail intestata a Mattarella con nome e cognome, che se vanno a vedere l'account è intestato al presidente della Repubblica e non vorrei che gli rompano le scatole. Lo vedono che è diverso!".

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La premier Meloni: "I magistrati vadano fino in fondo"

"Le inchieste dicono che il dossieraggio su di me è cominciato già alla fine del governo Draghi quando si capiva che sarei potuta andare al governo. Sulla vicenda dei dossieraggi mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo, perché, nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c'era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di

diritto può tollerare una cosa del genere". A dirlo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. E sulla precedente inchiesta sui conti spiati, ha affermato: "Quando è uscita la notizia, mia sorella mi ha mandato la foto dell'estratto del suo conto in banca. C'erano 2.100 euro. Mi ha scritto: 'Se me l'avessero chiesto, lo avrei detto io quanto avevo sul conto', con la faccina che ride. Credo che si accaniscano su Arianna perché non ha le tutele che posso avere io, ma colpire lei è come colpire me. Purtroppo per loro, hanno a che fare con un'altra persona che non ha scheletri nell'armadio".

Il vicepremier Tajani: "Inaccettabile"

"Quando noi parliamo di un impegno forte sulla sicurezza, riguarda la sicurezza nelle nostre strade ma anche la sicurezza dei nostri dati riservati. Utilizzare dati che non dovrebbero essere diffusi diventa un reato, poi vengono utilizzati per battaglie interne, per battaglie politiche", ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Questa storia dei dossier è inaccettabile, noi lo diciamo da tempo. Anche l'uso delle intercettazioni è una vergogna finalizzato alla pubblicazione", ha aggiunto.

Il procuratore antimafia Melillo: "Vicenda allarmante"

Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo si è congratulato per "la capacità di investigazione messa in campo dalla procura di Milano e dai carabinieri di Varese" che "consente di iniziare a unire qualche puntino e a comprendere un po' meglio il funzionamento di un gigantesco mercato delle informazioni riservate". Nell'inchiesta, oltre alle sei misure cautelari, ci sono oltre 60 indagati, tra cui Leonardo Maria Del Vecchio e Matteo Arpe. Secondo gli inquirenti, sarebbero stati acquisiti illecitamente informazioni da alcune banche dati strategiche per l'Italia, per pori essere rivenduti a clienti del mondo dell'imprenditoria per fini aziendali e familiari. Agli arresti domiciliari Calamucci e Gallo, amministratore delegato di Equalize, società di investigazione privata del presidente di Fondazione Fiera Enrico Pazzali, che è indagato. Melillo ha sottolineato "l'importanza di questa indagine anche nel sistema di coordinamento delle investigazioni che si stanno complessivamente sviluppando sul versante degli attentati alla sicurezza cibernetica nazionale, che non era mai stato esplorato sistematicamente e organicamente". Per il procuratore antimafia, il quadro che emerge è "molto allarmante", richiamando però la "prudenza nelle valutazioni, perché la procura di Milano ha opportunamente scelto di proteggere le attività tecniche rinunciando nell'investigazione a compiere dei passi che ne avrebbero rivelato lo svolgimento. Ciò fa sì che per molti versi l'indagine sia più sul punto di iniziare che di comportarsi".

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