Omicidio Sharon Verzeni, gip convalida fermo e dispone carcere per Moussa Sangare

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Nell'interrogatorio per la convalida del fermo, Sangare ha confermato le dichiarazioni già rese, ripetendo che "non c'era un movente e non so il perché l'ho fatto". L'uomo, come ha riferito il suo legale Giacomo May, ha detto alla gip di essere uscito di casa con questa "sensazione che non so spiegare" e che lo ha spinto "a voler fare del male". Sul coltello: "Non l'ho buttato nel fiume perché volevo tenerlo come ricordo". Gip: “Suo stato mentale pienamente integro”

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È stato convalidato il fermo e disposto il carcere per Moussa Sangare, l'uomo che ha confessato di aver ucciso Sharon Verzeni. Lo ha deciso la gip di Bergamo Raffaella Mascarino, che ha accolto la richiesta della Procura. Sangare è accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. La giudice ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari. Nell'interrogatorio per la convalida del fermo, Sangare ha confermato le dichiarazioni già rese, ripetendo che "non c'era un movente e non so il perché l'ho fatto". Sangare, come ha riferito il suo legale Giacomo May, ha detto alla gip di essere uscito di casa con questa "sensazione che non so spiegare" e che lo ha spinto "a voler fare del male". Inoltre ha detto che nei giorni prima aveva fatto una sorta di esercitazione anche con una statua. L’avvocato Giacomo Maj ha detto che “non era uscito con l'obiettivo di uccidere qualcuno. Era uscito con questo 'feeling' con questa sensazioni che neanche lui sa spiegarsi che lo costringevano a pensare e far del male. Qualcosa di impreciso su cosa fare e a chi”. Nel provvedimento di convalida del fermo, la gip ha spiegato: "Se pure le motivazioni addotte dall'indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l'omicidio però la lucidità mostrata nell'adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto (...) e anche gli accorgimenti dei giorni seguenti evidenziano uno stato mentale pienamente integro". Intanto, da quanto emerso, Sangare sarà trasferito dal carcere di Bergamo in un'altra struttura: un trasferimento dovuto a ragioni di incolumità, dopo che l'uomo è già stato bersaglio di un lancio di bombolette incendiarie da parte degli altri detenuti.

La gip: "Condotte di Sangare denotano motivazione omicidiaria"

La gip Raffaella Mascarino, nel provvedimento di fermo, ha aggiunto: "Le condotte" tenute da Moussa Sangare "denotano, ferma la originaria motivazione omicidiaria, come l'indagato abbia a lungo indugiato alla ricerca del bersaglio giusto" e "più vulnerabile", che "alla fine" ha "individuato nella povera Sharon Verzeni", una "donna sola" e "intenta a guardare le stelle". Sangare, infatti, prima di uccidere la donna ha vagato per circa 35/40 minuti, per poi colpire "in maniera del tutto casuale, assolutamente gratuita, per non dire addirittura capricciosa". La giudice ha inoltre osservato che l'omicidio è stato commesso da un "soggetto spesso in preda alla noia", senza "stabile attività lavorativa", impregnato dai valori trasmessi da quel genere musicale (il riferimento e al trap) "che esalta violenza, sesso estremo, esigenza di prevalere" sugli altri e "che aveva architettato come passatempo quello di lanciare coltellate a una rudimentale sagoma di cartone, con apposto alla cima un cuscino su cui era disegnato un volto umano". Un soggetto, continua, "assalito dal desiderio di provare realmente emozioni forti, in grado di scatenare nel suo animo quella scarica di adrenalina che Sangare ha cercato di descrivere, seguita da uno stato di benessere e relax".

La ricostruzione dell’omicidio

Moussa Sangare aveva raccontato al pubblico ministero e ai carabinieri di Bergamo di aver scelto a caso la sua vittima e di aver agito senza alcun motivo. Ha 'scelto' Sharon quando ha visto che "guardava le stelle in cielo, con le cuffiette", le si è avvicinato in bici e le ha detto: "Scusa per quello che ti sto per fare", poi l'ha accoltellata. La barista di 33 anni è solo riuscita a dire: "Perché? Perché?", poi Moussa è fuggito contromano in bici lungo via Castegnate e si è dileguato, lasciando a terra la donna, che sarebbe morta di lì a poco, e facendo perdere le sue tracce per un mese. Al gip, a proposto del coltello usato per uccidere, Moussa Sangare ha detto: "Non l'ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo". A differenza degli altri oggetti, gettati assieme agli indumenti nell'Adda, l'uomo ha infatti sotterrato il coltello nei pressi dell'argine. E quando il giudice gli ha chiesto se lo voleva tenere come un "souvenir", ha risposto: "Sì".

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Sopralluogo dei Ris a casa di Sangare

Intanto, si è concluso dopo cinque ore - dalle 13 alle 18 - il sopralluogo dei carabinieri del Ris di Parma nella casa al pianterreno dove viveva Mousse Sangare a Suisio (Bergamo). Dall'abitazione sono stati "isolati alcuni reperti giudicati d'interesse investigativo, che saranno successivamente esaminati presso i laboratori del Ris di Parma", hanno spiegato i carabinieri. Sarebbero stati portati via, in particolare, alcuni abiti di Sangare, alcuni oggetti, tra cui dei monili, e campionate alcune tracce anche con l'uso del luminol. All'accertamento irripetibile hanno preso parte anche i carabinieri del Reparto analisi criminologiche (Rac) del Racis di Roma, del Reparto crimini violenti del Ros e del Nucleo investigativo di Bergamo, oltre al difensore di Sangare, l'avvocato Giacomo Maj.

La sorella: “Non doveva finire così”

C’è sgomento tra i familiari di Moussa Sangare. A partire dalla sorella Awa, 24 anni, studentessa di ingegneria gestionale, che vive con la madre al secondo piano di una palazzina. "Quando ci hanno detto che era stato lui a uccidere quella povera ragazza, siamo rimaste scioccate”, ha raccontato la donna. “Sapevamo che non stava bene, ma mai avremmo potuto pensare che potesse arrivare a questo. Non doveva finire così, assolutamente no. Il nostro pensiero va a quella povera ragazza, a Sharon e alla sua famiglia, siamo molto addolorate. Per mio fratello nessuno si è mosso. Abbiamo fatto di tutto per liberarlo dalla dipendenza dalla droga, per affidarlo a chi potesse aiutarlo, ma lui ha sempre rifiutato. A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario". La sorella ha anche raccontato che “ci sono stati giorni in cui la paura era sempre dentro le mura di casa, non mi lasciava mai. Giorni in cui urlava, parlava da solo, delirava". Madre e figlia avevano presentato contro di lui tre denunce, l'ultima lo scorso 9 maggio. Lo scorso 20 aprile l'uomo aveva minacciato con un coltello alle spalle proprio la sorella. "Alla famiglia di Sharon ho già detto che mi dispiaceva molto, ho già detto anche all'avvocato di riferirlo alla famiglia. Nell'ultimo periodo avevamo paura di mio fratello. Da piccolo era diverso. Penso che abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, tra le denunce ma anche oltre quelle: aiutarlo, sostenerlo, indirizzarlo", ha aggiunto ancora la 24enne a "Pomeriggio Cinque".

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