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Caltabellotta, il paese si riunisce per la festa della Madonna

Cronaca

Raffaella Daino

Il suggestivo incontro tra le due vare trasportate a spalla dai fedeli è il momento più intenso della festa che come ogni anno chiude il mese di luglio. Un rito che si rinnova dal 1601, quando la Madonna dei Miracoli vene proclamata patrona dopo aver salvato gli abitanti dal colera. 

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Il rito si svolge ogni anno, da secoli. Quello di fine luglio è l'appuntamento che più di ogni altro richiama in paese i tanti abitanti emigrati a cercar fortuna altrove. Si ritrovano qui nei quattro giorni della festa, che ha il suo momento più emozionante la domenica, al tramonto, quando il sole fa capolino dall'immenso portone della Chiesa della Madrice, posizionata sulla parte più alta e più antica della città, su una spianata a strapiombo sulla vallata. 

 

Al termine della Messa il Crocifisso viene portato fuori dalla Chiesa della Madrice, accompagnato da una banda musicale, con i fuochi d'artificio che illuminano a giorno il paese che Goethe nel suo viaggio in Italia descrisse  come "la straordinaria Caltabellotta sotto uno spuntone di roccia”. La vara si avvicina a quella della Madonna dei Miracoli, che ha la sua banda  musicale, e comincia la processione che attraversa il paese, su e giù per i ripidi sentieri e le strette strade di questo borgo medievale, fino a notte fonda quando le due vare fanno ritorno in chiesa.

La millenaria storia di Caltabellotta

Un rito, una festa che attirano ogni anno centinaia di visitatori in questa città tra le più antiche, a mille metri d'altezza sul livello del mare,  da sempre conosciuta per la sua privilegiata posizione strategico offensiva che domina un ampio territorio e che fu teatro di numerose guerre e duri assedi. Nel VI secolo vi approdarono i Greci, che fondarono Triokala, così chiamata per l’imprendibilità, la ricchezza delle acque, la fertilità del suolo. Qui intorno al 103-99 a.C. i servi ribelli resistettero all’esercito romano fino al 99 a.C. anno in cui il console Aquilio li sconfisse. Diventata poi, con San Pellegrino, la prima sede vescovile della Sicilia, dalla metà del primo secolo fino al 787 fu centro di vita bizantina.

 

Distrutta dagli Arabi, risorta  nell’originaria acropoli sicana col nome Kalat al-Ballut, che significa Rocca delle querce e da cui deriva l’attuale nome . Sul sito dell’antica chiesa furono costruite una moschea con annessa torre adibita a minareto e una torre d’avvistamento. I Normanni la presero nel 1090, ricostruirono il castello ed edificarono chiese e monasteri, facendo della città un importante luogo fortificato.

 

Qui nel 1302  fu firmata tra Carlo D’Angiò e Federico III D’Aragona la “Pace di Caltabellotta”, che pose fine alla lunga guerra del vespro dando inizio all’egemonia spagnola sulla Sicilia. Fu possesso feudale ed elevata al rango di Contea nel 1336. Fino alla fine del XV secolo Caltabellotta fu sede di un’importante e produttiva comunità ebraica. Il suo castello fu una delle fortezze più importanti della Sicilia, vi dimorarono i Peralta dal 1336 ed i Luna dal 1400 fino al 1572 quando passò sotto la signoria dei Moncada;  dal 1713 passò ai Toledo, duchi di Ferrandina, cui appartenne fino all’abolizione del feudalesimo. La riforma amministrativa del Regno, dopo l’unità, ne fece un autonomo mandamento del circondario di Sciacca. La città conserva un impianto urbanistico medievale che occupa la parte alta del centro abitato.