Italia, le nuove stime della popolazione: sempre di meno, sempre più soli

Cronaca
Raffaele Mastrolonardo

Raffaele Mastrolonardo

Le previsioni della popolazione e della composizione delle famiglie aggiornate dall’Istat confermano una tendenza “irreversibile”: meno coppie con figli, calo dei residenti (-13 milioni nel 2080), aumento delle persone sole.

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La tendenza, dice l’Istat, “parrebbe irreversibile”. Il condizionale è d’obbligo quando si parla di previsioni. Ma l’aggettivo resta comunque piuttosto forte. Anche perché è suffragato dai dati sulle stime della popolazione e delle famiglie appena rilasciati dall'istituto di statistica. I quali per i prossimi decenni dipingono un Paese sempre meno popolato, dove si fanno meno figli e dove, in conseguenza dell’invecchiamento della popolazione, il numero di persone sole è destinato a crescere. 

Popolazione in calo

Comunque vada, insomma, sarà una discesa. Resta da capire, al più, quanto ripida. Sul fatto che il percorso sarà inclinato e che si procederà verso il basso, infatti, non sembrano esserci dubbi. “Anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli - dice Istat - il numero di nascite non compensa quello dei decessi”. Tradotto: la popolazione italiana è destinata a calare perché neanche l’immigrazione compenserà la differenza. E dunque nella stima giudicata più attendibile, i residenti del Belpaese scenderanno a 46,1 milioni da qui al 2080, con una diminuzione di circa 13 milioni di residenti rispetto ad oggi. 

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Il calo, tuttavia, potrebbe anche risultare meno sostenuto. Se si verificassero alcune condizioni, la perdita complessiva potrebbe infatti arrestarsi a 5,9 milioni di individui. Sempre tanti in assoluto ma meno della metà rispetto allo scenario giudicato più probabile. Bene, dunque, ma solo fino a un certo punto. Perché per un'ipotesi “migliore” ce n'è anche una “peggiore”. Quella che vede gli abitanti dello Stivale scendere a 39,6 milioni nel 2080, più o meno quanti erano nel 1927, con una decrescita di 19,7 milioni rispetto ad oggi. 

Solitudine in aumento

Di sicuro, qualunque sia lo scenario che si realizzerà, il calo della popolazione andrà di pari passo con un cambiamento della sua composizione che porterà con sé delle conseguenze sociali. Per esempio, famiglie meno numerose. Magari formate da un unico componente. E proprio l’aumento delle persone sole è uno dei fenomeni ai quali dovremo abituarci, dicono i demografi. Nello scenario di previsione ritenuto più plausibile, gli individui in solitudine saliranno di 1 milione e 400mila unità nei prossimi 20 anni, praticamente la popolazione di Milano. Da 4,2 a 4,7 milioni i maschi, da 5,1 a 6 milioni le femmine entro 2043. La maggior parte di costoro saranno ultrasessantacinquenni. 

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Figli? No grazie

La fotografia sul futuro scattata dall’Istat si compone di molti altri dettagli. Uno, per esempio, è quello delle coppie con figli. Le quali, come è facile immaginare per via del tenore dei dati visti fin qui, sono destinate a diminuire. Scenderanno dalle attuali 7,8 milioni a 6,2 milioni nel giro di 20 anni. Se oggi rappresentano quasi un terzo delle famiglie (29,8%), fra due decenni saranno meno un quarto del totale (23%). Allo stesso tempo, come è logico attendersi visto il quadro delineato, cresceranno le coppie senza prole: da 5,3 milioni nel 2023 a 5,9 milioni nel 2043. 

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Come cambia l’Italia

Il processo in corso porterà ad una struttura della popolazione differente rispetto ad oggi, e tutta piegata verso le fasce più anziane. Non che nel 2023 l’Italia possa essere considerato un Paese giovane: con 46,4 anni di età media, si colloca tra i leader mondiali di questa speciale classifica. Non a caso, solo 12,4% degli individui ha fino a 14 anni di età, il 63,6% tra 15 e 64 anni, il 24% dai 65 anni in su. Ma nel 2050 il tasso di anzianità, se così vogliamo chiamarlo, salirà ulteriormente. Le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale, secondo le stime più probabili, ovvero più di un terzo del totale. La conclusione dei ricercatori non lascia spazio a dubbi: “Comunque vadano le cose, quindi, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo porsi l’obiettivo di fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani”. 

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