I giudici del Riesame del tribunale di Genova hanno respinto l'istanza di revoca degli arresti domiciliari per il presidente della Liguria. "L'interrogatorio, infarcito da 'non ricordo', non ha brillato per chiarezza e trasparenza", si legge nelle motivazioni. Ancora: potrebbe reiterare il reato "in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse". Il governatore, accusato di corruzione, falso, voto di scambio, è ai domiciliari dal 7 maggio ad Ameglia. Il legale: “Faremo ricorso”
I giudici del Riesame del tribunale di Genova hanno respinto l'istanza di revoca degli arresti domiciliari per il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Il governatore potrebbe reiterare il reato "in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse", hanno scritto nelle motivazioni. Il presidente sospeso, accusato di corruzione, falso e voto di scambio, è agli arresti domiciliari dal 7 maggio e si trova nella sua abitazione di Ameglia (La Spezia): deve restare, dunque, in stato di detenzione nella sua casa. "Ci lascia stupiti che le subordinate che avevamo fatte siano state solo considerate in un paio di righe, faremo ricorso ma le ricostruzioni di quello che sarebbe potuto succedere non erano molto lontane da queste", ha detto l'avvocato Stefano Savi, difensore di Toti. E mentre le opposizioni - da Avs ai Cinque Stelle - tornano in pressing per le dimissioni, anche il legale le menziona: "Il pericolo di reiterazione del reato è collegato al fatto che Toti possa interferire su una azione politico amministrativa della Regione e se ne può dedurre che una eventuale dimissione possa fare venire meno questa pericolosità. D'altra parte questa è una decisione che va bilanciata da parte nostra con tutta una serie di interessi nel rispetto dell'elettorato". Nei giorni scorsi, nell'udienza di fronte al Tribunale del riesame, la procura di Genova aveva detto no a una misura meno afflittiva. Il 14 giugno l’istanza di revoca dei domiciliari avanzata dal legale di Toti era già stata rigettata dalla gip Paola Faggioni perché era stato giudicato ancora concreto il pericolo di fuga e di inquinamento probatoria.
Le motivazioni dei giudici del Riesame
"L'interrogatorio di Giovanni Toti, infarcito da 'non ricordo', non ha brillato per chiarezza e trasparenza. I pretesi accordi corruttivi scaturiscono da puntuali intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno cristallizzato i contorni delle accuse", hanno scritto i giudici del tribunale del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto l'appello del governatore per la revoca degli arresti domiciliari. E ancora: "C'era molto da ammettere, insomma, a fronte di captazioni che restituiscono il quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che, nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale, conversa amabilmente con gli stessi 'finanziatori' di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegna a intervenire presso le sedi competenti". I giudici hanno anche spiegato che Toti non sembra "aver compreso appieno la natura delle accuse". Le ipotesi di corruzione, hanno scritto, sono "sorrette da gravi indizi che Toti non ha inteso contestare". E non riguardano "un illecito di natura veniale ove rapportate alle pubbliche funzioni di natura elettiva dal medesimo ricoperte, ma integrano un vulnus tra i più gravi che possano essere inferti al buon andamento dell'azione amministrativa, allo stesso rispetto della volontà popolare e ai diritti dei terzi". Giovanni Toti, si legge ancora nelle motivazioni, "si è mosso come un amministratore di una società privata e non come la figura ideale di un pubblico amministratore che ha voluto delineare nella memoria difensiva. Non era Toti a delineare i propri piani e a discuterli mediando tra i vari operatori del settore ma era Spinelli (Aldo, anche lui ai domiciliari, ndr) a discutere i 'propri' piani di impresa con il presidente della Regione nel mentre questi gli sollecitava finanziamenti per il proprio movimento politico".
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Spinelli ha deciso di non vedere più nessuno
Intanto Aldo Spinelli, l'imprenditore portuale anche lui ai domiciliari dal 7 maggio, ha deciso di non vedere più nessuno dopo l'ennesimo no del giudice a incontrare il figlio Roberto (anche lui indagato) e le “restrizioni” per vedere gli amici storici. Spinelli, tramite l'avvocato Sandro Vaccaro, aveva chiesto di incontrare il figlio anche davanti a un militare della guardia di finanza. Ma non solo il giudice ha negato l'incontro, ha anche stabilito che i tre amici che erano stati autorizzati a incontrarlo non possano più andare tutti insieme e che le visite debbano avere un tempo determinato.
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L’interrogatorio di Bonomo
Dalle carte depositate al Riesame, intanto, emergono nuovi dettagli dell'interrogatorio dell'ex avvocata dello Stato e ora consulente del porto Anna Maria Bonomo, sentita sulla vicenda del tombamento di Calata Concenter su cui, nel 2022, aveva espresso contrarietà alle procedure di finanziamento (da fare, secondo l'accusa, con i 30 milioni di fondi confluiti nel cosiddetto decreto Genova, quello per il crollo del ponte Morandi). Su 15 domande ha, per la maggioranza dei casi, risposto con un "non ricordo". Alla domanda su chi spingesse per farlo ha detto: “Non ho mai sentito il commissario straordinario (il sindaco Marco Bucci, ndr) fare questa proposta". Incalzata dai pm ha però aggiunto: “Potrebbe essere stato Bucci, ma la proposta doveva provenire sempre da Signorini (Paolo Emilio, ex presidente dell'Autorità portuale, ndr). Ho sempre notato che scelte di Signorini venivano scaricate sulla figura del commissario Bucci, nel senso che una volta l'Autority ci inviò una proposta a firma del commissario, cosa contraria alla previsione della legge".