Alla visita dei carabinieri l'uomo non si trovava nella sua casa sulla sponda bresciana del Lago di Garda e nessuno al momento sa dove si trovi. Condannato per omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere, si è sempre processato innocente: "Mai avuto problemi con mio zio"
Non si hanno notizie da ieri di Giacomo Bozzoli, dopo la pronuncia della Cassazione che ha confermato l'ergastolo nei confronti del 39enne bresciano ritenuto l'omicida dello zio Mario, l'imprenditore di Marcheno, nel Bresciano, svanito nel nulla l'8 ottobre 2015. Bozzoli non si trovava nella sua casa sulla sponda bresciana del Lago di Garda, dove risulta residente, e nessuno al momento sa dove sia. Lo hanno constatato i carabinieri che si sono presentati nell'abitazione, ma non lo hanno trovato. Secondo i giudici, Mario Bozzoli è stato gettato nel forno della fonderia di Marcheno la sera dell'8 ottobre 2015, come sostenuto dalla Corte d'assise di Brescia, confermato dalla Corte d'assise d'appello e ora dalla Cassazione.
Giacomo Bozzoli si è sempre detto inncocente: "Nessuna lite"
Quarant'anni il prossimo 20 luglio, Giacomo Bozzoli lavorava nella fonderia di famiglia a Macheno, in Val Trompia. Secondo la ricostruzione dei giudici, avrebbe gettato lo zio nel forno più grande della ditta che, alle ore 19.20 dell'8 ottobre 2015, andò in blocco dopo un'anomala fumata bianca. Per certo Mario Bozzoli, la vittima, non uscì mai dall'azienda quella sera. Il movente del delitto sarebbe riconducibile ad alcune acredini tra zio e nipote relative alla gestione dell'azienda. L'imputato, accusato di omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere, si è sempre professato innocente. In apertura del processo davanti alla Corte d'assise di Brescia, a dicembre del 2021, Bozzoli aveva rilasciato alcune dichiarazioni spontanee: "Prima di iniziare voglio dire che dirò tutta la verità perché sono innocente", erano state le sue parole. "Dirò tutta la verità. Tutti dicono che io e mio zio non avevamo buoni rapporti, ma chissà come mai nessuno ci ha visto litigare". Nei suoi confronti non è mai stata emessa alcuna misura cautelare, perché trattandosi di un processo indiziario non c'era il rischio di inquinamento delle prove né i giudici avevano ravvisato il pericolo di fuga.