Coinvolti anche una manager di origine cinese, sottoposta agli arresti domiciliari, due collaboratori compiacenti, anche loro cittadini cinesi, interdetti dallo svolgimento dell’attività imprenditoriale e un altro indagato per cui è stato previsto il divieto di espatrio
La guardia di finanza di Monza ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta dal gip presso il Tribunale di Monza nei confronti del proprietario di Aumai, una nota catena di supermercati cinesi sparsi su tutto il territorio nazionale e con punti di vendita a Milano, quello più noto è in piazzale Loreto. L’uomo è accusato di frode per 20 milioni di euro con 6 milioni di euro di imposte evase, in soli due anni, grazie a un articolato sistema di false fatture. L’indagine che ha coinvolto cinque persone con altri quattro soggetti raggiunti a un provvedimento cautelare.
L’imprenditore, la manger e i collaboratori arrestati
Il provvedimento cautelare ha coinvolto, insieme al titolare della catena di negozi, anche una manager di origine cinese, sottoposta agli arresti domiciliari, due collaboratori compiacenti, anche loro cittadini cinesi, interdetti dallo svolgimento dell’attività imprenditoriale e un altro indagato per cui è stato previsto il divieto di espatrio.
Sequestro preventivo
Sono in corso alcune perquisizioni, anche con l’ausilio di unità cinofile “cash dog” (cane fiuta soldi) tra le province di Monza e della Brianza e di Brescia. È stato emesso anche un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per oltre 6 milioni di euro, una cifra pari ai profitti illeciti ipotizzati che sarebbero stati realizzati grazie al coinvolgimento di venti imprese “cartiere” coinvolte.
Un fatturato da 60 milioni di euro e la maxi evasione
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza svolta dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Monza, ha permesso di ricostruire un articolato sistema “multi-layered” di frode nel settore del commercio dell’abbigliamento, strutturato attraverso una fitta rete di società (“emittenti”- “filtro” - “beneficiarie”) volte all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, dislocate su tutto il territorio nazionale e gestite da cittadini di origine cinese incensurati.
Le società false
È emersa una rete di imprese “filtro” ovvero società “apparentemente dotate di una veste operativa e legale, ma di fatto prive di strutture aziendali (unità produttive e locali, magazzini, uffici), lavoratori dipendenti e beni strumentali all’esercizio delle attività imprenditoriali dichiarate.