Legge 194, come lavorano consultorio e Centro di Aiuto alla Vita nel Policlinico di Milano

Cronaca
Emanuela Ambrosino

Emanuela Ambrosino

Martedì scorso la regione Lombardia ha detto sì alla norma, inserita dal governo nel Dl Pnrr, che permette ai consultori dove si applica la legge 194 di avvalersi di enti del terzo settore a sostegno della maternità

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I Cav, Centri di aiuto alla vita sono presenti già in numerosi ospedali italiani: 4 in Piemonte, 1 in Sardegna, 1 in Friuli, 3 in Sicilia, 1 in Liguria. A Milano, oltre a quello del Buzzi, sono presenti al Policlinico nella Mangiagalli, uno degli ospedali dove nascono più bambini in Italia.

L'iter per l'interruzione volontaria di gravidanza

Il percorso inizia con un medico che emette un certificato di gravidanza in cui si richiede una interruzione volontaria di gravidanza. Lo può fare il medico di base, un ginecologo privato, un centro medico oppure una struttura pubblica. In quest’ultimo caso, la donna va in un consultorio e qui entra in un iter rodato. Prima viene accolta dall’assistente sociale che  apre una cartella dandole tutte le informazioni necessarie. Poi il ginecologo fa una visita per datare la gravidanza in modo sicuro. Infine viene offerto a tutte le donne un colloquio con uno psicologico. Al Policlinico di Milano c’è come previsto dalla 194 una presenza costate della psicologa, che può intervenire in qualsiasi momento.

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Il racconto della dottoressa Valenti, da 30 anni nei consultori

La dottoressa Nicoletta Valenti lavora nei consultori milanesi da 30 anni circa. Le chiediamo come procede qualora intuisse un’ambivalenza rispetto alla domanda di interruzione volontaria di gravidanza. “Il consultorio accompagna tutte le donne a fare una scelta consapevole in merito alla propria gravidanza. Nel caso una donna chieda l’igv, se durante il colloquio psicologico si intercetta una ambivalenza in merito alla scelta, si offre alla signora un percorso di approfondimento con lo psicologo in modo da arrivare ad una scelta consapevole in base alla situazione che vive in quel momento. Non esiste la scelta giusta o sbagliata. Ma c’è la scelta migliore per quella donna in una situazione di vita. E’ necessario fare un lavoro psicologico prima dell’interruzione, per permettere che questa esperienza possa essere integrata nella propria vita e accettata”.

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Quando propone il Centro di aiuto alla vita?

“Vi racconto una storia. Qualche anno fa sono stata chiamata dalla sala operatoria della Mangiagalli perché una ragazza di 20 anni, che non era passata dal consultorio, aveva delle forti perplessità e sofferenza nell’entrare in sala operatoria. Durante il colloquio mi ha detto che era costretta ad abortire perché la madre con cui conviveva, era contraria e lei non sapeva dove andare. Era una ragazza senza risorse economiche e sociali, senza un compagno, e senza aiuti, ma voleva tenere il figlio. Io le ho spiegato che avremmo potuto rivolgersi al Centro Aiuto alla Vita per richiedere quei sostegni necessari per i primi tempi. Casi come questo sono rari. In quanto è difficile che nella richiesta di igv ci sia la sola motivazione economica. Al Cav si rivolgono prevalentemente donne sole che chiedono un aiuto. Molto spesso non hanno proprio pensato a un aborto.”

L’iter si conclude con l’aborto?

“Assolutamente no. A tutte le nostre donne noi offriamo percorsi personalizzati sia individuali che di gruppo finalizzati alla elaborazione del trauma e del lutto della interruzione. “

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