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Caporalato, la Giorgio Armani Operations finisce in amministrazione giudiziaria

Cronaca
©Ansa

Lo ha disposto il Tribunale di Milano, nell'ambito di un'indagine per un presunto sfruttamento del lavoro, attraverso l'utilizzo negli appalti per la produzione di opifici abusivi e il ricorso a manodopera cinese in nero e clandestina. Indagati i quattro titolari di aziende "di diritto o di fatto di origine cinese", sparse tra Milano e Bergamo. Si parla di paghe "anche di 2-3 euro orarie" e di turni di 14 ore al giorno

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La Giorgio Armani Operations Spa va in amministrazione giudiziaria per un anno, nell’ambito di un’inchiesta per caporalato. Lo ha disposto la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano: si indaga per presunto sfruttamento del lavoro, attraverso l'utilizzo negli appalti per la produzione di opifici abusivi con manodopera cinese in nero e clandestina. In una nota del Gruppo Giorgio Armani si chiarisce che la società - non indagata - ha da sempre in atto misure di controllo e di prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura" e che si collaborerà con la giustizia. Quelli scoperti non sarebbero però "fatti episodici" - scrivono i giudici Pendino-Rispoli-Cucciniello - ma parte di un "sistema di produzione generalizzato e consolidato", per "categorie di beni" come "borse e cinture", che "si ripete quantomeno dal 2017". Si parla di "una produzione attiva per oltre 14 ore al giorno, anche festivi", con lavoratori "sottoposti a ritmi di lavoro massacranti", di una situazione caratterizzata da "pericolo per la sicurezza" della manodopera, che lavorava e dormiva in "condizioni alloggiative degradanti", e di paghe "anche di 2-3 euro orarie". Indagati per caporalato i quattro titolari delle aziende citate, tutte tra Milano e Bergamo.

Gli investigatori: "Giorgio Armani Operations non capace di arginare sfruttamento"

Secondo gli investigatori, la controllata di Giorgi Armani Spa non sarebbe stata capace di “prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo”. Non sarebbero state prese “misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti raggiunti da corposi elementi probatori in ordine al delitto di caporalato". 

L'esternalizzazione a opifici cinesi tramite l'azienda fornitrice (senza un reparto di produzione)

I Carabinieri dichiarano che è stato possibile accertare come, "mediante un contratto di fornitura”, si demandasse “l'intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi". L'azienda fornitrice, però, "dispone solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e può competere sul mercato solo esternalizzando a sua volta le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere i costi ricorrendo all'impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento". I giudici affermano come la Giorgio Armani Operations Spa avrebbe "effettuato" un "unico audit" sulla Manifatture Lombarde srl, la società a cui aveva commissionato in appalto la produzione in particolare di borse e cinture e che poi l'ha esternalizzata agli opifici abusivi. Non si sarebbe però "accertato e riportato l'unico requisito necessario": la "società appaltatrice non ha un reparto produzione". 

"Una normalizzazione della devianza"

Nelle carte si parla della Giorgio Armani Operations Spa come di un'azienda dove "vi è una cultura d'impresa gravemente deficitaria sotto il profilo del controllo, anche minimo, della filiera produttiva", che si inserisce "in una più ampia politica d'impresa diretta all'aumento del business". Una "normalizzazione della devianza", scrivono i pm.  Un presunto "sistema" che, passando da un'azienda all'altra, avrebbe permesso "di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo" l'opificio cinese "che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza 'in nero' e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie". 

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Gli accertamenti negli opifici cinesi tra Milano e Bergamo

A partire da dicembre 2023, i Carabinieri hanno effettuato "accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda”, andando a controllare “i soggetti affidatari delle forniture nonché dei sub affidatari non autorizzati costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nella provincia di Milano e Bergamo". Si parla nello specifico di quattro opifici. Nessuno è risultato regolare: sono stati “identificati 29 lavoratori di cui 12 occupati in nero e anche 9 clandestini".

"Riscontrate condizioni di lavoro in sfruttamento"

Negli stabilimenti, continuano i Carabinieri, si sono quindi riscontrate condizioni di lavoro in sfruttamento. Si parla di “pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri” e di “gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro”, nello specifico “omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione”. Non solo: “la manodopera” risultava “ospitata in dormitori realizzati abusivamente ed in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico". In un verbale, reso da una lavoratrice italiana "part time" di un opificio, si legge che seppur "assunta formalmente per 4 ore giornaliere", in realtà lavorava "10 ore giornaliere dal lunedì al sabato". E in un capannone di quelli esaminati, in un "registro nero" - una sorta di "quadernone" - gli investigatori hanno trovato segnate le effettive ore lavorate dagli operai.

Quattro gli indagati per caporalato

Indagati per caporalato sono quattro titolari delle "aziende di diritto o di fatto di origine cinese" di cui parlano gli investigatori, oltre a nove "persone non in regola con la permanenza e il soggiorno". Già inflitte alcune sanzioni: "Ammende pari a oltre 80mila euro e sanzioni amministrative pari a 65mila euro e per 4 aziende è stata disposta la sospensione dell'attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero".

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