Bando per collaborazione con Israele, cosa succede all’Università di Torino?

Cronaca
Massimo Postiglione

Massimo Postiglione

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Tensione per la decisione del Senato accademico di non partecipare al bando ministeriale di collaborazione con Israele

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Ogni sabato pomeriggio gli studenti in piazza al grido di “Palestina Libera” e “Stop al massacro di Israele”. Sit-in quotidiani davanti al “palazzaccio”, la sede storica delle materie umanistiche dell’Università di Torino. Post, volantini, bandiere sventolate anche nelle aule, prima, durante e dopo le lezioni. Il fermento dell’ateneo torinese è cresciuto nei mesi, si è autoalimentato, e nelle ultime settimane d’inverno ha trovato il suo sfogo pubblico, con le scintille che hanno appiccato il fuoco della protesta. Una protesta che sta accomunando studenti e professori e che da Torino si sta propagando in tutte le università italiane.

Dalla piazza all'università

Il passaggio chiave da protesta di piazza a protesta di Ateneo arriva il 19 marzo, giorno in cui il Senato accademico dell’Università di Torino, a maggioranza (due astenuti e un solo voto contrario), approva la mozione che vieta la partecipazione al bando MAECI 2024 di collaborazione con università ed enti di ricerca israeliani. Primo ateneo in Italia a prendere una decisione di questo tipo, così motivata: “Il senato accademico dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza”.

Gli studenti dei collettivi “Cambiare rotta” e “Progetto Palestina” in mattinata avevano occupato la sede del Rettorato, srotolando una grande bandiera palestinese. Avevano interrotto la seduta del Senato accademico per poi partecipare nel pomeriggio, in Aula Magna, all’assemblea che ha votato quella mozione. In realtà gli studenti partivano da posizioni più radicali, con la richiesta di interrompere tutti e 9 gli accordi attualmente in corso tra l’Università di Torino e quelle israeliane. Richiesta che arrivava anche da una lettera aperta, firmata da oltre 1600 docenti di tutta Italia, tra cui una sessantina di Torino. Ma il Senato Accademico ha accolto solo la mozione relativa al nuovo bando MAECI, con scadenza il prossimo 10 aprile. "Una vittoria comunque importante – hanno dichiarato i militanti di “Cambiare Rotta” – che proveremo ad ottenere anche negli altri atenei del Paese, per smontare pezzo a pezzo la complicità delle università italiane con l’entità sionista".

La replica della politica

Il Rettore dell’Università di Torino, Stefano Geuna, però precisa che "non si è trattato di boicottaggio e men che meno di antisemitismo", ma che "è stata un’azione su un bando molto specifico. Inoltre tutti gli accordi attualmente in vigore con le università israeliane, e sono tanti, rimangono validi". Una decisione che ha trovato la replica anche della presidente del Consiglio. "Considero preoccupante che il Senato accademico dell’Università di Torino scelga di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele. E lo faccia dopo un’occupazione da parte dei collettivi - ha detto Giorgia Meloni alla Camera, in una replica sulle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo – Se le istituzioni si piegano a questi metodi, rischiamo di avere molti problemi – ha concluso la premier".

Dello stesso tenore, le dichiarazioni della ministra dell’Università, Anna Maria, Bernini: "Una decisione che non condivido, seppure assunta nell’ambito dell’autonomia propria degli atenei. E’ triste che una scelta simile sia coincisa con la prima giornata nazionale delle università che ha come titolo “Porte aperte”. Ed è francamente sconcertante che si possa pensare di chiuderle. Ritengo ogni forma di esclusione o boicottaggio sbagliata ed estranea alla tradizione e alla cultura dei nostri Atenei, da sempre ispirata all’apertura e all’inclusività".

A Cagliari

A gennaio il Senato accademico dell’Università di Cagliari aveva respinto una mozione analoga, che chiedeva di interrompere i rapporti di studio e di ricerca con Israele. Mentre in Norvegia, le tre università di Oslo, Bergen e Notodden hanno sospeso tutti i rapporti con gli atenei di Gerusalemme e Haifa. Un boicottaggio seguito anche dall’associazione studentesca dell’Università di Davis, in California, che al momento ha bloccato gli investimenti nelle società israeliane.

I collettivi torinesi, intanto, non si fermano. "Proseguiremo la nostra mobilitazione – dicono – finché Israele non fermerà il massacro a Gaza". E promettono altre iniziative e altri cortei nei prossimi giorni. Sia in città che dentro l’Università.

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