Una targa per ricordare Lia Pipitone, uccisa dalla mafia nel 1983

Cronaca
Raffaella Daino

Raffaella Daino

A Palermo in occasione della giornata dedicata alle donne l'associazione Libera ricorda Lia Pipitone, figlia di un boss del quartiere Arenella uccisa nell'83 per essersi ribellata alle rigide regole patriarcali di Cosa nostra, ma ancora oggi non riconosciuta come vittima di mafia

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Lia Pipitone era una ragazza libera e moderna che viveva in un contesto retrogrado e maschilista.  Venne uccisa per essersi ribellata a quel potere che non tollerava per una donna, per la figlia di un boss, la libertà di decidere. Il suo omicidio, avvenuto il 23 settembre del 1983 durante una finta rapina, fu deciso - secondo le sentenze che hanno visto la condanna dei boss Vincenzo Galatolo e Antonino Madonia - all'interno dell'organizzazione, in ossequio alle regole ferree imposte dalla cultura patriarcale mafiosa dalla quale Lia aveva osato affrancarsi. Sul luogo dell'omicidio il Coordinamento di Libera Palermo ha affisso una targa temporanea in ricordo della sua voglia di libertà e ribellione e per denunciare, a 41 anni dalla sua morte, il suo mancato riconoscimento di vittima innocente di mafia. "L’iniziativa si inserisce all’interno di un percorso decennale che abbiamo voluto chiamare 'Diritti vivi' -  sottolinea l'associazione - un percorso finalizzato alla tutela di quelli che la legge chiama benefici, ma che affermiamo essere diritti dei familiari delle persone che hanno perso la vita a causa della violenza mafiosa, e alla rimozione degli ostacoli legislativi legati ai processi di riconoscimento ufficiale di status di vittima innocente di mafia".

Uccisa dai boss ma non riconosciuta come vittima di mafia

Lia Pipitone, insieme a tante altre donne che hanno resistito all’oppressione del potere mafioso, non è riconosciuta come vittima innocente di mafia perché figlia di un boss, nonostante le sentenze chiariscano la sua lotta per l’emancipazione dal contesto familiare. Quando venne uccisa Lia aveva 25 anni e un figlio di 4, Alessio, al quale sono stati negati i benefici previsti per i familiari di vittime della mafia. "Lia Pipitone era una giovane donna che avrebbe voluto vivere la sua vita liberamente" - dice Alessio Cordaro - "e che non accettava quelle imposizioni di natura mafiosa che la famiglia pretendeva da lei. Se fosse viva avrebbe scardinato tanti di quei dogmi che sussistono ancora all'interno di certe famiglie". 

"Prima combattevo contro la criminalità organizzata, ora combatto contro la burocrazia" continua il figlio, oggi 45enne. "Il paradosso è che il Ministero degli Interni respinge la possibilità di dare a mamma lo status di vittima innocente in quanto la legge prevede che la vittima non abbia rapporti di parentela con la criminalità organizzata". "E' assurdo che mia madre uccisa dalla mafia per essersi ribellata alla mafia non venga riconosciuta come vittima solo perchè era figlia di quel boss dal quale stava cercando di allontanarsi. Il messaggio che ne viene fuori è che chi appartiene a quei mondi porta un marchio indelebile per tutta la vita;  non è un messaggio edificante e dobbiamo dare uno stimolo affinché chi si trovi in situazioni simili a quella di mamma trovi la forza per tirarsi fuori da quella realtà essa perché c'è un'altra strada da percorrere che è in favore della giustizia ".

Lia Pipitone e il figlio Alessio nel 1980

Antonello Cracolici: Lia Pipitone uccisa due volte

Il presidente della Commissione siciliana antimafia, Antonello Cracolici, presente alla cerimonia in ricordo di Lia Pipitone dice: "Si può uccidere una persona tante volte, come è successo a Lia per colpa dei mafiosi e di un padre mafioso e si può uccidere anche con l'indifferenza delle istituzionie della burocrazia. Non si può far passare sotto silenzio una storia drammatica che riguarda non una singola persona ma cla storia della Sicilia perché la mafia uccideva i suoi nemici ma anche coloro che all'interno della loro cultura venivano vissuti come trasgressori. Ecco perché la mafia va contrastata e questa giornata di oggi non è solo un giorno di ricordo ma è una memoria che ha bisogno di vivere nel futuro perché mai più possa succedere quello che è avvenuto. Quella di Lia Pipitone è una storia di mafia che non può essere ridotta a una pratica burocratica. Convocherò l’assessore alla Famiglia, che ha la competenza in materia, ma anche il ministero degli Interni e proverò a coinvolgere anche la commissione nazionale antimafia". 

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