Femminicidio Cecchettin, il papà di Giulia: "Abbraccerei i genitori di Filippo Turetta"

Cronaca

Ospite della terza edizione di Obiettivo 5, campus di formazione per l’equità e l’inclusione de La Sapienza, a Roma, l'uomo aggiunge: "Io cercherò di tornare a sorridere, ci sono già riuscito ho amici e figli fantastici. Loro faranno più fatica. Saranno sempre i genitori di un omicida. Hanno tutta la mia comprensione"

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"Mi sono immedesimato nei genitori di Filippo diverse volte, anche perché sono molto razionale. Hanno tutta la mia comprensione, darei loro un abbraccio". Parla così Gino Cecchettin all’Università La Sapienza di Roma, ospite della terza edizione di Obiettivo 5, campus di formazione per l’equità e l’inclusione. Il papà di Giulia, la giovane veneta uccisa lo scorso novembre dall’ex fidanzato Filippo Turetta, aggiunge: "Non li posso giudicare, stanno vivendo un dramma più grande del mio. Io cercherò di tornare a sorridere, ci sono già riuscito ho amici e figli fantastici. Loro faranno più fatica. Saranno sempre i genitori di un omicida. Hanno tutta la mia comprensione". 

Impegno e sofferenza

"Dopo un lutto bisogna piangere altrimenti non si soffre, questa è la credenza" ha detto ancora Gino Cecchettin. "Ma impegnarsi non significa non soffrire, non c'è giorno in cui non piango pensando a mia moglie e mia figlia ma non si può solo piangere, bisogna andare avanti; questo è anche il mio carattere non sono abituato a piangermi addosso e ho l'abitudine di cercare le soluzioni ma fa male sentirsi dire che sto lucrando sulle spalle di mia figlia. Ho imparato, tuttavia, a farmi scivolare addosso le cose" "Chi deve cambiare sono i maschi: fino a 22 anni volevo che mio padre non esistesse, sono nato in una famiglia unita, a tratti felice, ma sentivo l'oppressione di un padre padrone che poneva il suo modo di essere in ogni istante della mia vita. Erano gli anni dell'eroina e del terrorismo e quello era il suo modo di educare; poi ci siamo riconciliati. Il maschio, il padrone: da qui la società deve cambiare, da qui la parola 'patriarcato'. Io sono nato nella cultura machista di quel periodo dove il maschio deve essere forte, poi capisci che è più difficile chiedere scusa che sollevare 100 kg", ha proseguito ancora.

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