Strage di Erba, chi sono i testimoni che scagionerebbero Olindo e Rosa dalle accuse

Cronaca
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Secondo quanto raccolto dal legale della coppia, ci sarebbero tre persone mai ascoltate durante il processo che potrebbero aprire un filone investigativo finora non considerato, legato allo spaccio di droga nel Comasco e alla guerra tra la banda di Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna, e un gruppo di origini marocchine

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Una pista alternativa, legata allo spaccio nordafricano, e una vendetta nei confronti di Azouz Marzouk: i legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi avrebbero raccolto alcune inedite testimonianze che potrebbero riaprire il processo e scagionare coloro che per più di 15 anni sono stati ritenuti gli esecutori della strage di Erba, nella quale morirono Raffaella Castagna e sua madre Paola Galli, il piccolo Jousseph e una vicina di casa, Valeria Cherubini . "Azouz mi ha detto, prima che io uscissi di galera, di tenere d’occhio Raffaella e il loro figlio Jousseph. Sembrava molto spaventato e scuro in volto", ha dichiarato Abdi Kais, connazionale di Azouz, suo compagno di cella (la numero 269) e suo ex "socio in affari" per questioni di droga. Secondo quanto emerge dal racconto dello scorso 19 febbraio 2023, effettuato in una saletta riservata dell’hotel Royal Victoria di Tunisi alla presenza dell’avvocato della Difesa, Fabio Schembri, e del legale di Kais, ci sarebbe stata una lotta per il dominio sulle piazze di spaccio nell’hinterland di Como tra la banda di cui faceva parte Marzouk e un gruppo di persone di origine marocchina. 

I testimoni mai ascoltati

Nel dibattimento che ha portato alla condanna dei coniugi Romano ci sono stati due testimoni, mai ascoltati se non in modo appena sommario, che sostengono di aver visto, da diversi angoli, tre persone sospette, di cui almeno due stranieri. Uno di questi è Fabrizio Manzeni, che abitava proprio in via Diaz. "Mi sono affacciato alla finestra per sbattere la tovaglia e ho notato due persone di sesso maschile, adulte, verosimilmente extracomunitari, in corrispondenza del cancello di casa mia, che stavano discutendo animatamente tra loro. Uno di loro aveva un cellulare con un display luminoso e grande e gesticolava con una terza persona che non ho visto", ha dichiarato Manzeni. Come evidenzia l’avvocato di Olindo e Rosa, "c’è un altro testimone, che non conosceva Manzeni, che ha spiegato di aver visto due stranieri provenire da via Diaz verso piazza Mercato". Si tratta di Ben Chemcoum, nordafricano di 56 anni, che ai carabinieri raccontò il 25 dicembre 2006 "di aver incrociato un uomo molto robusto, con il cappotto chiuso e le mani in tasca, con un berretto scuro l’11 dicembre 2006". Inoltre Chemcoum, ha riferito il legale, ha detto di aver visto "un furgone bianco parcheggiato, dal quale proveniva una voce che in lingua tunisina diceva 'aia fisa', che significa 'vieni subito' e quella persona che aveva incrociato si è affrettata, quasi correndo. Quindi ho visto il furgone allontanarsi velocemente". Come Manzeni, per il quale Schembri ha fatto notare che "il verbale è stato trasmesso in Procura solo dopo la confessione di Olindo e Rosa, nonostante il pm avesse chiesto alla polizia giudiziaria l’assoluta priorità nella trasmissione degli atti d’indagine", anche Chemcoum non è mai stato ascoltato durante il processo.

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La faida

Kais ha raccontato lo scorso febbraio di una lite avvenuta in un palazzo di Merone, paese a 7 chilometri da Erba, dove il gruppo di Marzouk aveva un punto di appoggio. "Abbiamo avuto una faida con i vicini di condominio, marocchini, per questioni di cocaina. Fhami, socio di Azouz, negò di rifornire i marocchini e allora si presentarono con dei coltelli, puntandoli alla gola di Amer, dicendogli di portarli sopra, nell’appartamento di Merone. A quel punto sono intervenuti i vicini che avevano udito le grida. Si sono presentati per uccidere". Dopo il raid tutti i soldi dello spaccio, custoditi a Merone, vennero spostati a casa di Azouz "perché il cancello era sempre aperto: serviva un luogo centrale che collegasse tutte le zone; quindi, era un posto strategico e soprattutto tranquillo. Dopo aver saputo della strage, ho pensato a una rissa perché Fahmi si stava esponendo sempre di più", ha raccontato Kais.

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