Ex Ilva, Urso: "Urge intervento". Incontro governo-sindacati: verso divorzio con Mittal

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In mattinata il ministro delle Imprese e del Made Italy ha parlato al Senato: "Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto". Poi ha attaccato: "Mittal scarica oneri ma vuole privilegi, inaccettabile". In serata a Palazzo Chigi c'è stata la riunione con i sindacati sul futuro del più grande polo siderurgico italiano: l'esecutivo è al lavoro per arrivare a un accordo per un divorzio consensuale con ArcelorMittal ed evitare un lungo contenzioso legale. Entro mercoledì si saprà se ci sono condizioni per l'intesa

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Il governo Meloni, sul dossier dell'ex Ilva, è al lavoro per arrivare a un accordo per un divorzio consensuale con ArcelorMittal ed evitare un lungo contenzioso legale. È quanto è emerso dopo l'incontro tra esecutivo e sindacati che si è tenuto in serata a Palazzo Chigi. Un incontro in cui si è discusso del futuro del più grande polo siderurgico italiano che, da mesi, necessita di un'iniezione di liquidità e di una prospettiva di sviluppo aziendale che guardi alla riconversione degli stabilimenti. I sindacati sono stati nuovamente convocati giovedì prossimo, 18 gennaio, per essere aggiornati sull'esito delle trattive. In mattinata il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso aveva già parlato della questione, durante un’informativa al Senato.  "C'è l'urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni", aveva detto. E poi aveva precisato: "Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nulla è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale".

L’incontro tra governo e sindacati

Il governo, quindi, starebbe lavorando a un divorzio consensuale con ArcelorMittal. In queste ore, da quanto emerso, i legali dei due soci sarebbero al lavoro con l'intenzione di arrivare in tempi rapidi a una soluzione consensuale ed evitare un lungo contenzioso. Entro mercoledì dovrebbe sapersi se ci sono le condizioni per l'intesa. “Non ci sarà nessun passo indietro. Da oggi a mercoledì è il tempo necessario a definire il divorzio. Mittal comunque è fuori", avrebbe detto, da quanto si apprende da fonti presenti all’incontro, il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Il primo obiettivo del governo è quello di garantire la continuità aziendale, ha spiegato una nota di Palazzo Chigi. "Si sta lavorando in modo serrato per definire il confronto con ArcelorMittal e procedere alacremente per individuare il percorso sul futuro dello stabilimento all'interno di un quadro chiaro e definito che ha come primo obiettivo la continuità produttiva dell'azienda", si legge. E ancora: "I sindacati sono stati nuovamente convocati giovedì prossimo 18 gennaio per illustrare l'esito delle trattative di queste ore. Il governo ha, inoltre, sottolineato che il metodo che si vuole continuare a portare avanti è quello di un ascolto reale e che saranno ricevute tutte le parti sociali e produttive. È stata infine data massima disponibilità, una volta chiuso il confronto con ArcelorMittal, a far partire presso il ministero del Lavoro un tavolo per approfondire tutti gli aspetti legati all'occupazione e alla sicurezza sul lavoro".

Le reazioni

"Finalmente ci siamo. Il governo ha deciso di non tornare più indietro, proseguendo sulla strada per assumere la gestione dell'azienda", ha esultato il segretario generale della Fiom, Michele De Palma, al termine del tavolo a Palazzo Chigi. "Abbiamo chiesto che anche negli eventuali ammortizzatori che saranno utilizzati e concordati tra azienda e governo ci sia il fatto che i manutentori, quelli che tengono in piedi gli impianti, siano messi nelle condizioni di poter lavorare. Abbiamo detto all'esecutivo che la garanzia per il futuro è l'occupazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori. Non possono pagare il prezzo delle scelte sbagliate di manager e proprietà", ha sottolineato. "È stato un incontro importante. Il governo ci ha detto che non è possibile proseguire con Arcelor Mittal nella gestione di Acciaierie d'Italia. L'esecutivo ci ha confermato che si sta lavorando, in queste ore, tra i tecnici di Invitalia e Mittal su tre direttrici: il divorzio consensuale, la continuità aziendale e produttiva, le risorse che il governo è pronto a mettere anche senza i Mittal per il rilancio dell'attività", ha spiegato dopo il vertice il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia. "Il governo ci ha assicurato che sarà una questione di pochissimi giorni. I tecnici lavoreranno fino a mercoledì, ultimo giorno utile per trovare una soluzione consensuale. Giovedì saremo riconvocati per vedere come e con quali strumenti poter andare avanti", ha aggiunto. "Questa sera abbiamo acquisito un risultato: Arcelor Mittal non ci sarà più e indietro non si torna. Adesso c'è una fase per capire come avverrà questo distacco. La prossima settimana lo sapremo", ha detto invece il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. "Vogliamo essere i testimoni di un divorzio che è l'unica condizione per poter continuare a investire, considerando la siderurgia una possibilità e non una chimera o un pericolo. Da giovedì il governo ci dirà qual è il piano alternativo. Siamo contrari a qualsiasi piano invasivo che non vede la salvaguardia dei livelli occupazionali di tutti i lavoratori, del sistema delle imprese dell'indotto", ha spiegato.

Urso: "Invertire la rotta cambiando equipaggio"

Sull'ex Ilva "intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio. Ci impegniamo a ricostruire l'ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa", aveva detto in mattinata Urso al Senato. "L'impianto è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l'obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest'anno risalire a 5 milioni", aveva aggiunto. 

"Mittal scarica oneri ma vuole privilegi, inaccettabile" 

Arcelor Mittal, che detiene il 62% di Acciaierie d'Italia, incontrando il governo ha rigettato l'ipotesi di una crescita della partecipazione pubblica di Invitalia al 66% tramite una iniezione di capitale da 320 milioni. "Arcelor Mittal si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l'intero onere finanziario sullo Stato ma, nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d'Italia di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile né percorribile sia nella sostanza che

alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato", ha commentato Urso. "Abbiamo quindi dato mandato ad Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione".

Un'immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013.
ANSA / CIRO FUSCO

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Il pressing dei sindacati

I sindacati sono in pressing da tempo e la loro azione passa anche per la condanna, unanime, del comportamento tenuto finora da Arcelor Mittal. Netto il giudizio del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che ha parlato di "atteggiamento inaccettabile", con il rischio di "far pagare costi sociali a migliaia e migliaia di lavoratori e soprattutto ai territori interessati". "Il governo dica cosa vuol fare. Da mesi chiediamo la salita del pubblico in maggioranza nel capitale. Si è perso un sacco di tempo", ha accusato il coordinatore nazionale dei settori siderurgia ed energia della Fiom, Loris Scarpa, prima dell'incontro a Palazzo Chigi. Il segretario generale della Fim, Roberto Benaglia, ha chiesto "la certezza di un piano societario finanziario che rilanci l'azienda, preveda una diversa marcia degli impianti e garantisca l'occupazione di tutti i lavoratori del gruppo e dell'indotto".

L'inchiesta sui livelli emissivi degli impianti

Prosegue intanto l'inchiesta della Procura di Taranto e il lavoro dei Carabinieri del Noe sulle emissioni di benzene dal siderurgico di Taranto di Acciaierie d'Italia. I Carabinieri del Noe sono stati in azienda per acquisire informazioni supplementari e documenti su una vicenda risalente a diversi mesi fa.

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