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La lingua e la cultura Romanì non ancora riconosciute in Italia

Cronaca

Federica De Lillis

Il 5 novembre si celebra la Giornata internazionale della lingua Romanì, riconosciuta patrimonio dell’UNESCO. In Italia la comunità dei Roma People non è ancora tutelata come le altre minoranze presenti sul territorio, ed è circondata da stereotipi che impediscono a chi ne fa parte di vivere a pieno la propria identità

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Ivana Nikolìc è un’artista e un’attivista: “Sono un’italiana, serba, bosniaca e rom”. Dal 2020 Ivana è autrice e host del podcast ‘+rom -rum’. In una puntata l’attivista spiega che il nome ha l’intento provocatorio di rovesciare lo slogan nato in ambienti di estrema destra “più rum, meno rom”, combatte l’odio e le discriminazioni facendo conoscere le tradizioni del popolo Romanì e sfatando gli stereotipi più diffusi.

Cos'è e perché non usare la Z-word

Visto che in questa giornata si parla di linguaggio e di parole, Ivana ci spiega che esistono parole da non usare in riferimento alla sua comunità, prima fra tutte la Z-word. Secoli fa utilizzata per definire un gruppo etnico spesso ridotto in schiavitù perché considerato inferiore, questa parola ha assunto in tempi moderni un senso dispregiativo. A questa vanno sostituiti termini come “Romanì o Roma People e dovete sapere che siamo composti da cinque grandi gruppi che poi hanno dei subgruppi. Chi sono i cinque grandi gruppi? Rom, Sinti, Kalè, Romanichals e Manouches e ci sono i subgruppi. Siamo un infinito antropologico e non siamo né legati al concetto di nazionalità né di religione”. Nikolìc porta l’esempio della sua famiglia che è allo stesso tempo serba, bosniaca e anche italiana. “Mia madre è musulmana, mio padre è ortodosso. Entrambi i miei genitori fanno parte del grande gruppo Rom e, nei sub-gruppi, mio padre è Pikovi e mia madre è Khorakhanè e Kaloperka”. 

Una minoranza non riconosciuta 

Non si conosce esattamente il numero Roma people presenti in Europa ma il Consiglio d’Europa li definisce “il gruppo etnico più grande” del continente. Secondo le stime dell’istituzione con sede a Strasburgo, nell’UE si troverebbero circa 6 milioni di persone appartenenti alla comunità Romanì, di cui l’1,7% vivrebbe in Italia. Queste persone però non sono riconosciute tra le minoranze linguistiche e culturali tutelate dalla legge 482 del 1999, non permettendo che ai Romanès sia applicato l’articolo 6 della Costituzione: “La Repubblica tutela, con apposite norme, le minoranze linguistiche”. 

 Il fatto è stato spesso giustificato con il presunto carattere “nomade” del gruppo etnico. Nella proposta di legge per il riconoscimento della lingua romanì come minoranza linguistica storica, l'Unione delle comunità Romanès in Italia invoca una messa in discussione dell’argomentazione visto che il nomadismo è un fenomeno minoritario “rispetto alla grande maggioranza della popolazione romanì italiana residente in modo stanziale, ma anche perché l’obbligatorietà del requisito di territorialità, per il riconoscimento dello status di minoranza linguistica, non è formulato in Costituzione ed è riferito alla sola dimensione comunale nell’ambito della stessa legge 482/99”. 

“Ci è negato il diritto di poter vivere la nostra identità etnica o di poterne esserne orgogliosi. Così facendo si rinnega una parte della propria identità e anche comporta la cancellazione di un’intera minoranza” commenta Ivana Nikolìc. 

L’antiziganismo e gli stereotipi in Italia

Secondo l’Eurobarometer, una serie di sondaggi di opinione pubblica condotti per conto della Commissione europea, in Italia solo poco più di un terzo della popolazione (36%) ritiene che la società possa trarre benefici da una migliore integrazione della popolazione romanì, a fronte di una media europea del 61%. 

“L’antizinagismo è l’odio specifico che si riversa sulle comunità Romanès senza conoscerle, senza essercisi mai confrontati” sostiene Gennaro Spinelli, musicista, professore universitario e presidente nazionale dell’Unione delle comunità Romanès in Italia. 

Secondo dati riportati dall’Associazione Carta di Roma, i sentimenti antizigani nel nostro Paese riguardano l’82% della popolazione. “Abbiamo i livelli più alti d’Europa e nessuno conosce nulla comunità Romanès” commenta Spinelli. 

“Tra gli stereotipi principali c’è il fatto che siamo nomadi per cultura. Su 180 mila Rom che abitano in Italia, solo 10 mila abitano nei campi nomadi”. Poi, prosegue, c’è il mito secondo cui i Rom ruberebbero i bambini: “Non c’è un solo caso accertato dalla magistratura italiana”. Un altro stereotipo riguarda la non volontà di integrarsi e la classificazione dei Roma People come ‘stranieri’. “I Rom sono in Italia dal 1300. I primi documenti [che testimoniano la presenza della comunità in Italia ndR.] sono datati al 1422 a Bologna. I Rom non si devono integrare, fanno parte della cultura italiana e la cultura italiana fa parte di quella Romanì”. 

Sulla base della sua esperienza, per Spinelli il primo luogo in cui le persone Romanès si scontrano con l’antiziganismo è a scuola. “Il primo giorno arrivi che sei convinto di essere Rom, nel contesto sociale scopri di essere uno zingaro. Tu entri a scuola da Rom, esci che sei uno zingaro”. La cultura di appartenenza viene filtrata, spiega Spinelli, dagli occhi degli altri e questo “distrugge dall’interno. È la mentalità della ghettizzazione che porta in tanti poi a delinquere. Più dici a una persona che è brutta, sporca e cattiva, più quella persona ha la possibilità di diventarci davvero”. 

Dalla scuola poi si passa alla vita quotidiana, al di fuori della famiglia. “A Pescara, se fai di cognome Spinelli non entri nei locali. A Roma se hai il cognome Casamonica e sei incensurato e non hai nulla a che fare con i criminali, tu non entri da nessuna parte. La generalizzazione distrugge la vita delle persone. Chi sbaglia lo fa con il proprio nome e cognome ma la cultura Romanì non ha nulla a che vedere con certi problemi sociali”. 

“Noi siamo cittadini italiani, poi di etnia Rom, quindi con una lingua in più, con alcune usanze in più, null’altro”. 

Gennaro Spinelli presidente UCRI

“Sam Barikane Roma”

Al mancato riconoscimento e alle discriminazioni Ivana Nikolìc invita chi fa parte della comunità Romanì a ricordare la frase “Sam Barikane Roma”, orgogliosi di essere Rom. "È importantissimo l’atto e il coraggio del coming out per poter abbattere tutti quei pregiudizi nei nostri confronti e noi non siamo la Z-word, noi siamo Romanì”. 

Ivana Nikolìc attivista