Morte Dal Corso in cella, la Procura riapre l’inchiesta per un audio: “Stefano fu pestato”

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A dodici mesi dal ritrovamento del 42enne impiccato nel carcere di Oristano, spuntano nuove prove come la telefonata di un testimone alla sorella Marisa in cui si parla di “strangolamento e di una successiva messinscena sul suicidio”. La garante dei detenuti della Sardegna: “Serve l’autopsia per chiarire ogni dubbio”

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La Procura di Oristano ha riaperto l’inchiesta - per ora a carico di ignoti - sulla morte di Stefano Dal Corso, il detenuto romano trovato morto impiccato in una cella del carcere Massimo il 12 ottobre di un anno fa. Come riporta il quotidiano La Repubblica, a distanza di dodici mesi emergono nuove prove, testimonianze e un audio in cui si racconta di pestaggi e violenze, tesi opposta a quella del suicidio su cui sin da subito si sono indirizzate le indagini. Un testimone in una telefonata alla sorella di Stefano, Marisa, la invita a far eseguire l’autopsia perché, riporta il quotidiano, qualcuno "l’ha strangolato con un lenzuolo ed è stata inscenata l’impiccagione”. E c'è già chi parla di un altro caso Cucchi.

I sospetti della famiglia

 

Il 42enne originario del Tufello stava scontando la pena a Rebibbia ma era stato trasferito temporaneamente nel penitenziario sardo per seguire un processo che lo riguardava. Da subito le indagini ipotizzavano che Dal Corso si era suicidato ma la famiglia, seguita dalla legale Armida Decina, ha chiesto approfondimenti a partire dall’autopsia. “Stefano non avrebbe mai fatto una cosa del genere, aveva una figlia di 7 anni e gli mancava poco alla fine della pena”, dice la sorella. "Ritengo importante che si effettui l'esame autoptico per chiarire ogni dubbio, nell'interesse di tutti”, le parole di Irene Testa, garante in Sardegna delle persone private della libertà.

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