Lautaro Martinez condannato per il licenziamento della babysitter gravemente malata

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L'attaccante dell'Inter dovrà risarcire la famiglia della donna di 27 anni, morta alcuni mesi dopo essere stata licenziata per le conseguenze della malattia da cui era afflitta. La decisione era stata presa durante il ricovero in ospedale, in quanto, secondo il calciatore, la giovane argentina avrebbe superato il periodo massimo di assenza dal lavoro. La difesa di Lautaro: "L'abbiamo aiutata"

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L'attaccante dell'Inter, Lautaro Martinez, è stato condannato ad un risarcimento dalla Sezione Lavoro del Tribunale di Milano per aver licenziato una baby sitter di 27 anni, affetta da una grave malattia e morta pochi mesi dopo la fine del rapporto di lavoro. Il licenziamento, considerato illegittimo dal giudice, sarebbe avvenuto durante il periodo di "comporto" della donna, cioè nei giorni di malattia e dopo avere ricevuto la terribile diagnosi. L'argentino dovrà, dunque, risarcire i familiari della ragazza. Il campione del mondo aveva assunto la giovane, a sua volta di nazionalità argentina, otto mesi prima che accusasse i primi sintomi.

Licenziata durante il ricovero in ospedale

La donna, che viveva nell'abitazione di Lautaro a Milano, dove era stata assunta a tempo indeterminato con un orario di lavoro di 54 ore settimanali, è stata licenziata mentre si trovava ricoverata in ospedale, in quanto secondo il calciatore avrebbe superato il periodo massimo in cui assentarsi per malattia. A quel punto, rivolgendosi ai legali Michele Gagliano, Giuseppe Vadalà e Concetta Quartuccio, la donna ha deciso di fare ricorso e, dopo la sua morte nel gennaio del 2023, i familiari hanno riassunto il giudizio pendente. I legali che assistono la giovane donna, anche se "soddisfatti per il risultato professionale raggiunto" commentano "con profonda amarezza l'evoluzione e soprattutto l'epilogo della vicenda, evidenziando come si può essere grandi professionisti nei campi di calcio, ma non bisogna perdersi in autogol nella vita".

Lautaro: "Baby sitter era già malata, l'abbiamo aiutata"

"Ho deciso di rimanere a lungo in silenzio per rispetto verso una famiglia che non ce l'ha mai avuta con noi. Ma non permetterò che infanghino la mia", ha voluto precisare Lautaro Martinez in una storia sul suo profilo Instagram. "Abbiamo assunto una persona già malata" - scrive in spagnolo - "amica di una vita, fino a quando purtroppo non ha potuto più lavorare perché la sua malattia non glielo permetteva. Dopo avere fatto molto per lei e la sua famiglia, facendoci carico dei biglietti per il loro arrivo, aiutando a trovare letti in ospedale quando era collassata, aiutandola con le cure e con l'alloggio per la famiglia che abbiamo fatto arrivare per prendersi cura della figlia che stava morendo". Secondo il calciatore, i parenti avrebbero "aspettato che la figlia fosse sul punto di morire e non fosse lucida per cercare di ottenere dei soldi da noi". 

Il legale: "La baby sitter chiese di essere licenziata"

"Non corrisponde al vero che il signor Martinez abbia interrotto il rapporto di lavoro domestico allorquando la lavoratrice risultava 'in punto di morte' come emerge dalla lettura degli articoli che circolano in Rete", ha aggiunto l'avvocato Anthony Macchia, difensore fiduciario del calciatore dell'Inter. "Il licenziamento le è stato comminato sei mesi prima del decesso. Inoltre, la babysitter aveva chiesto lei stessa di essere licenziata per poter fruire delle retribuzioni differite e del Tfr in ragione della determinazione di voler fare ritorno nella terra natia, l'Argentina".  Secondo l'avvocato Macchia, "non corrisponde al vero che il signor Martinez non abbia voluto conciliare e porre fine ad un contenzioso in cui — lo si ribadisce — lo stesso è stato convenuto, posto che — ed è verbale — il mio cliente si è reso financo disponibile ad elargire gli importi indicati dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano (peraltro, ben maggiori rispetto a quelli poi indicati nel dispositivo della sentenza dallo stesso magistrato) ad una associazione benefica da scegliersi a discrezione del giudicante e che l'accordo non è stato possibile per il rifiuto degli eredi della signora e dei suoi procuratori presenti in udienza".

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