Il provvedimento è stato adottato dal magistrato Rosario Cupri, collega di Apostolico: sei cittadini tunisini richiedenti protezione internazionale sono stati immediatamente liberati
Il Tribunale di Catania ha respinto un'altra volta la convalida del trattenimento di sei migranti a Pozzallo, ordito dal Questore di Ragusa. Il giudice Rosario Cupri, collega di Iolanda Apostolico che il 29 settembre scorso aveva rifiutato una richiesta simile per quattro cittadini tunisini in un centro di accoglienza, ha respinto di fatto il decreto governativo. I migranti erano assistiti tre dall'avvocato Rosa Emanuela Lo Faro e altri tre dall'avvocato Fabio Presenti. I sei distinti provvedimenti del giudice Rosaio Cupri, secondo quanto si apprende, sono sostanzialmente sovrapponibili tra loro per la similitudine dei casi.
Il caso di un 37enne tunisino trasferito a Pozzallo
Uno dei procedimenti riguarda un 37enne tunisino sbarcato il 3 ottobre a Lampedusa e poi trasferito a Pozzallo. Nel caso specifico il giudice sottolinea, ricordando una decisione della Corte di giustizia dell'Ue, come "il trattenimento di un richiedente protezione internazionale" costituisca "una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto". "Ne discende - osserva - che il trattenimento costituendo una misura di privazione della libertà personale è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge". E ricorda che anche la Corte di Cassazione ha stabilito che "la normativa interna incompatibile con quella dell'Unione va disapplicata dal giudice nazionale".
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Le motivazioni del giudice
Il Tribunale sottolinea che "la richiesta di protezione internazionale non è soggetta ad alcuna formula sacramentale" e che nel caso del 37enne tunisino la sua domanda "doveva essere esaminata al suo ingresso alla frontiera di Lampedusa" e la sua richiesta "sottoscritta a Ragusa non può essere trattata come procedura di frontiera". "Come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante - osserva ancora il giudice - la norma prevede una garanzia finanziaria che non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ur, per il solo fatto che chiede protezione internazionale".