Maria Bonaventura, giudice del Tribunale di Roma, presidente della quinta sezione collegiale, esperta in reati sessuali, ha prosciolto il dirigente di un museo accusato di molestare una sua dipendente. Ed è anche la stessa giudice che ha assolto per insufficienza di prove il bidello romano che infilò la mano nella biancheria di una studentessa, con la motivazione che si era trattato di un palpeggiamento “troppo breve”. Interpellata dal Corriere, commenta: "Mai 'esondato' dalla mia sfera di competenza"
Fanno discutere le scelte di Maria Bonaventura, giudice del Tribunale di Roma, presidente della quinta sezione collegiale, esperta in reati sessuali. È lei ad aver prosciolto il dirigente di un museo accusato di molestare una sua dipendente. I testimoni non hanno confermato il racconto della presunta vittima, ma la ragazza - secondo la sentenza - sarebbe anche stata “complessata”. Inoltre, Bonaventura è la stessa giudice che ha assolto per insufficienza di prove il bidello romano che infilò la mano nella biancheria di una studentessa, con la motivazione che si era trattato di un palpeggiamento nelle parti intime “troppo breve”, per costituire una vera e propria violenza sessuale. “Ma tutto questo stupore da dove deriva? Non ho mai ‘esondato’ dalla mia sfera di competenza…”, dice oggi la giudice, in un colloquio con il Corriere della Sera.
La sentenza sul caso del dirigente museale
Nella sentenza che riguarda l'assoluzione del dirigente museale (che nel frattempo è stato licenziato), si legge: "Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente". Le presunte molestie - denunciate nel 2021 - sarebbero avvenute nel museo, anche nel magazzino, e in un dopo cena tra colleghi. Proprio i colleghi, secondo quanto riportato da diversi media nei giorni scorsi, avrebbero definito il dirigente un "giocherellone", e avrebbero ridimensionato l'accaduto. L’uomo, invece, ai giudici, avrebbe detto che la ragazza era sessualmente attratta da lui.
Il caso della "palpata breve"
Di pochi giorni fa un altro caso che ha fatto molto discutere, quello di un bidello romano accusato di violenza sessuale. "Il fatto non costituisce reato": così si è espressa la quinta sezione penale del Tribunale di Roma nell'assolvere l'uomo che lavorava in un istituto scolastico della Capitale. Era finito sotto processo per l'accusa di violenza sessuale, per avere toccato una studentessa nell'aprile del 2022. Per il tribunale il palpeggiamento, durato "tra i 5 e i 10 secondi" così come ha denunciato la vittima, è avvenuto ma senza l'elemento soggettivo: la volontà da parte del bidello di molestare la minorenne. Nel corso del processo, l'imputato ha ammesso di avere toccato la studentessa ma di averlo fatto "per scherzo". La vittima ha, invece, ribadito quanto avvenuto. Ma per la quinta sezione penale del Tribunale di Roma, la "repentinità dell'azione, senza alcuna insistenza nel toccamento", da considerarsi "quasi uno sfioramento", non consente di "configurare l'intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale". "Nel caso di specie" le modalità "dell'azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento, per un tempo sicuramente minimo, posto che l'intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento".
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Bonaventura: "Giudici devono esprimersi attraverso le proprie sentenze"
La giudice non sembra preoccupata che nell’uno e nell’altro caso i pm abbiano già annunciato o depositato un ricorso contro quelle sentenze. “A mio avviso i giudici devono esprimersi attraverso le proprie sentenze. Ho comunque in serbo una denuncia al Csm al quale inoltrerò una mia relazione dettagliata”, il suo commento.
Bo Guerreschi: "Donne non vengono credute, ridotte quasi a imputate"
Bonaventura, secondo l’associazione Bon’t Worry di Bo Guerreschi, sarebbe responsabile anche di una ritorsione nei confronti della giovane vittima del cosiddetto stupro di Capodanno, rea di aver rilasciato un’intervista a Repubblica e perciò ascoltata in un’aula ordinaria senza tutela. Sentenze scritte da giudici donne e "in cui le donne non vengono credute e ridotte quasi a imputate. Siamo oltre il diritto, si sta riducendo a coriandoli il Codice Rosso. Poi non lamentiamoci quando le denunce diminuiscono", dice oggi a Repubblica Bo Guerreschi. "Chiedo l’intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Spero che a breve invii gli ispettori, questi verdetti lasciano senza parole e mi fanno pensare che lottiamo per qualcosa che la giustizia ci nega".