Come d'aria, alla scoperta del libro vincitore del Premio Strega
CronacaTrionfo del memoir di Ada d’Adamo, scomparsa ad aprile di quest'anno. Dalla lettera a Repubblica nel 2008 sull'aborto terapeutico alla pubblicazione complicata del romanzo: nell'opera vincitrice della settantasettesima edizione, la storia di una madre che cerca la bellezza e della sua figlia imperfetta
Ada D’Adamo con il romanzo d’esordio “Come d’aria” ha vinto la 77esima edizione del Premio Strega, ma a ritirarlo per lei sono stati suo marito Alfredo, l'Amica della Domenica Elena Stancanelli e l'editrice di Elliot Edizioni, perché Ada è morta nell’aprile scorso, pochi giorni dopo essere entrata nella dozzina dei finalisti. Si tratta della terza vittoria postuma nella storia del Premio, dopo Tomasi di Lampedusa con "Il Gattopardo" nel ‘59 e “Passaggio in ombra” di Maria Teresa Di Lascia nel 1995.
Il libro
Ada racconta in prima persona la disabilità di sua figlia che non può parlare. È un memoir, in cui la vita diventa letteratura e alla fiction si sostituisce la verità delle emozioni, ma è al tempo stesso un romanzo politico, di denuncia. “Ha sempre usato toni bassi, in questo momento è silenziosa ma quello che so io è che le sue parole cammineranno a lungo”, così il marito ha commentato la vittoria a sorpresa di “Come d’aria”. I bookmaker puntavano tutto su Rossella Postorino con il suo “Mi limitavo ad amare te” che è rimasta in testa fino alla seconda e ultima votazione. D’Adamo non era favorita e il suo libro, prima di trovare un approdo editoriale, aveva ricevuto innumerevoli rifiuti.
La storia dietro il romanzo
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2008 Ada scrisse una lettera che fu pubblicata su Repubblica nella rubrica che allora teneva Corrado Augias. «Gentile Augias, un "bravissimo" medico non è stato in grado di leggere da un'ecografia che mia figlia sarebbe nata con una grave malformazione cerebrale». D’Adamo raccontava cosa significasse crescere in Italia un figlio con esigenze speciali: la solitudine, l’abbandono, la frustrazione. Nel libro spiega che quelle righe furono scritte di getto, come reazione al dibattito sulla legge 194 e alle argomentazioni antiabortiste che erano in auge: «Mi era divenuta insostenibile la parola "vita" pronunciata a sproposito da chiunque».
L'aborto terapeutico
Nella conclusione Ada mise nero su bianco una frase destinata a lasciare il segno: «L'aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l'aborto terapeutico». Il romanzo ritorna su quelle parole e si spinge molto oltre, senza tacere i passaggi più complessi del rapporto di coppia e i dettagli più dolorosi della quotidianità di una bambina rimasta piccola troppo a lungo: «Da qualche tempo, ogni volta che mi avvicino a te per sfiorarti con un bacio o con una carezza, cerchi di mordermi. È un riflesso muscolare che hai da sempre, e che negli anni ha fatto qualche vittima, per fortuna sempre in famiglia. Ma adesso è diverso, mi sembra che ci sia qualcosa di più. Il primo pensiero è che tu ce l’abbia con me e voglia punirmi di qualcosa. Se questo pensiero sia vero oppure no, non lo saprò mai e questa è una delle tante cose di te difficili da accettare».
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Una questione di equilibri
Non c’è solo la sofferenza di una figlia che non può comunicare e i sensi di colpa di una madre che sono la costante di tutto il romanzo, il libro racconta anche il cancro di Ada e la vicinanza interrotta, perché ogni malattia rompe un equilibrio: «Ora che sei cresciuta e io mi sono ammalata, l’incastro dei nostri corpi non è più possibile». Oltre alle emozioni e alle parole non dette, si sviluppa la storia dei corpi, narrata con maestria. D’Adamo era infatti una ballerina classica. Non aveva mai smesso di ballare e di occuparsi di danza con la sua attività di saggista e storica. Madre e figlia, l’una abituata per deformazione professionale a tenere sotto controllo persino «la posizione del mignolo» e l’altra costretta in un corpo che insorge tra spasmi, scatti e crisi epilettiche, sono complementari. Il paradosso, che a tratti si presenta come «beffa», è un filo rosso che attraversa il romanzo.
L'amore e la bellezza
D’Adamo ha il coraggio di trattare temi complessi come quello dell’estetica nella disabilità, perché «è dura da ammettere ma seguendoti nella tua giovane vita, ho capito che c’è una disabilità bella e una disabilità brutta», scrive. La ricerca della bellezza, che del resto era parte del suo essere artista, si ritrova nelle pagine del libro: «Desideravo la bellezza e l’ho avuta, ho avuto te!». "Come d’Aria" è un romanzo che parla soprattutto d’amore e di «brevi attimi di felicità che fioriscono tra le pieghe dei giorni».