In uno dei filoni del processo a Novara, l'imprenditore svizzero è stato condannato a 12 anni di carcere, oltre al risarcimento milionario a famiglie delle vittime, allo Stato, al comune di Casale Monferrato e ai sindacati, per la morte di 392 persone dovuta all'esposizione all'amianto
Nella giornata di ieri la Corte d'Assise di Novara ha pronunciato la sentenza, a conclusione del processo Eternit Bis, nei confronti dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, condannato a 12 anni di carcere e al risarcimento alle famiglie delle vittime per centinaia di milioni di euro, allo Stato italiano, al Comune di Casale Monferrato e ai sindacati.
L'inchiesta
A Novara si è giocata una delle partite scaturite dall'inchiesta bis della Procura di Torino, divisa in quattro tronconi nel 2016. Schmidheiny era imputato con l'acccusa di omicidio volontario con dolo eventuale, reato poi derubricato a omicidio colposo, per il decesso di 392 persone vittime dell'esposizione all'amianto. In un altro processo a Torino nel febbraio scorso, la Corte d'appello aveva ridotto a un anno e otto mesi la condanna per Schmidheiny, accusato di omicidio colposo per i decessi nella filiale di Cavagnolo della multinazionale. Dei due casi contestati, l'imprenditore è stato riconosciuto responsabile solo di uno. In primo grado, nel 2019, era stato condannato a quattro anni.
Le reazioni
A fronte della richiesta dell'accusa di ergastolo, la sentenza si è rivelata più clemente per Schmidheiny, con il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi che ha commentato così la decisione della Corte d'Assise: "Finalmente accanto al nome di Stephen Schmidheiny è comparsa la parola colpevole. È stato riconosciuto come criminale colpevole di omicidio colposo aggravato. Sicuramente la condanna a 12 anni di carcere non soddisfa a pieno la sete di giustizia di un territorio e di una comunità che dopo anni continua a soffrire a causa delle conseguenze di quelle azioni commesse da chi ha anche avuto la responsabilità di fuggire da Casale abbandonando uno stabilimento nel territorio cittadino che era una vera e propria bomba nociva per la salute". Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte, parla di "una sentenza importante in questo livello di giudizio, perché viene riconosciuta la colpa con una pena di 12 anni. Non si arriva all'omicidio volontario perché bisogna sottolineare che c'è una carenza, un buco nel sistema legislativo italiano che non riconosce questo tipo di giudizio, come successo per la Thyssen".