Crollo Ponte Morandi, familiari vittime: "Parole di Mion fanno rabbia, come fa a dormire?"

Cronaca

Egle Possetti, presidente del comitato in ricordo delle vittime del ponte dopo le parole dell’ex ad di Edizioni Holding, che ha confessato di sapere dal 2010 dei rischi ma di non aver detto nulla: “Una persona con il suo ruolo non poteva stare zitta”

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"Bisognava pensarci prima". “Come si fa a restare in silenzio?”. Dolore, sgomento, rabbia. Dopo le dichiarazioni choc rese in aula dall’ex ad di Edizioni Holding, Gianni Mion, al processo sul crollo del Ponte Morandi di Genova, esplode la reazione dei familiari delle vittime.

"Una persona del suo ruolo non poteva tacere"

Egle Possetti, presidente del comitato in ricordo delle vittime del ponte, ha commentato così: "Una persona con il suo ruolo non poteva stare zitta". Anche perché le parole pronunciate in aula "non fanno che confermare quanto fosse approfondita la conoscenza dello stato del ponte da parte di chi avrebbe dovuto prendere decisioni sulla sua chiusura e sulle manutenzioni". 

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"Ancora troppe omissioni e omertà"

“Se fossi stata al suo posto e avessi saputo lo stato delle infrastrutture non sarei stata zitta e avrei fatto il diavolo a quattro per far emergere il problema”, ha aggiunto Possetti. “Ci sono ancora troppe omissioni e troppa omertà e questo noi come parenti non lo possiamo accettare. Una persona con il suo ruolo non poteva stare zitta. Perché non si può stare zitti quando si ha tra le mani una informazione di tale gravità". 

"Come fanno a dormire?"

Rabbia e dolore emergono dal racconto della donna che quel 14 agosto perse la sorella, il cognato e due nipoti. "Ha detto che la cosa emerse nel 2010 e quindi dico: quanta omertà, incompetenza e avidità sono state portate avanti in oltre otto anni senza fare nulla. Mi chiedo - aggiunge la donna - come possano dormire quelle persone”. 

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