Le detenute producono caffè e Mattarella lo premia: la coop Lazzarelle
CronacaImma Carpiniello, operatrice sociale, dodici anni fa ha fondato la cooperativa sociale Lazzarelle, che gestisce una torrefazione dentro il carcere femminile di Pozzuoli, perché la “seconda possibilità” sia qualcosa di concreto. E’ per questo che è tra i trenta cavalieri al Merito nominati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
“A Napoli la ‘lazzarella’ è la bambina che fa i dispetti, che fa le marachelle e quella che viene rimproverata. Molte donne sono “lazzarelle” per mancanza di opportunità”. Imma Carpiniello, dodici anni fa, ha fondato la cooperativa sociale Lazzarelle, che gestisce una torrefazione dentro il carcere femminile di Pozzuoli, perché la “seconda possibilità” sia qualcosa di concreto. E’ per questo che è tra i trenta cavalieri al Merito nominati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Cosa è la cooperativa Lazzarelle
Ecco le sfide: “Il caffè è un’impresa maschile – spiega Carpiniello, operatrice sociale da sempre impegnata sulle questioni relative al carcere e al reinserimento – quando all’inizio si parlava di torrefattrici si pensava solo ai macchinari, non si pensava alle donne che potessero tostare il caffè. Abbiamo imparato a farlo seguendo l’antica tradizione napoletana”. Ma c’è di più: il caffè viene dai Paesi del Sud del mondo; l’idea di acquistarlo da piccoli produttori seguendo una filiera etica, l’idea di produrlo in carcere serve a chiudere il cerchio etico in tutte le sue fasi, ci racconta la fondatrice della cooperativa. Che non ha dubbi: “E’ necessario dare una seconda opportunità”. Tutte le donne assunte dalla coop sociale sono contrattualizzate e lavorano regolarmente: è un’impresa tutta al femminile con un obiettivo preciso, aiutare le persone a trovare una vita migliore.
La storia di Nunzia, dal carcere al caffè
Nunzia è una donna di poco più di trent’anni e si trova nel carcere di Pozzuoli. Grazie a questa esperienza ha riacquisito una fiducia in se stessa che aveva totalmente perso, fatta a pezzi dal percorso accidentato che l’aveva condotta in carcere. Ha iniziato a lavorare in torrefazione e da allora la sua prospettiva nei confronti della vita e delle possibilità di vivere serenamente, di trovare un posto nella società, è cambiata. Partiamo dalla sua giornata, che si svolge così: “Tostiamo il caffè a mano, poi lo mettiamo nel macchinario – ci sintetizza - lo chiudiamo sottovuoto e sistemiamo i pacchi dove devono essere posizionati”. L’impiego quotidiano in questo lavoro le ha rivoluzionato lo sguardo: adesso sa che può, e che c’è bisogno di occasioni per dimostrarlo. “Stando con persone che ci hanno aiutate e che magari fuori non ci sono – precisa, amaramente – Oggi penso di poter fare tutto”.
La storia di Natasha, che lavora e sta per laurearsi in carcere
La cooperativa, gestita da Imma Carpiniello con la sua socia Paola Pizzo, realizza 10 quintali di caffè in un anno ed è nato anche un bistrot, che si trova proprio nel centro di Napoli: Natasha è tra le donne che, potendo uscire dal carcere di giorno per lavorare, sta ricostruendo qui il suo presente e gettando le basi per il suo futuro. Ha deciso anche di riprendere gli studi e sta per laurearsi. “E’ vero, sarebbe arrivata comunque la fine della pena e sarei uscita, ma senza lavoro che prospettive avrei trovato? Che speranze avrei potuto coltivare? C’è il pregiudizio – racconta – Le persone possono non darti le opportunità delle quali avresti bisogno. La cooperativa, invece, questo non lo fa, ti dà la possibilità anche da subito, durante la detenzione, di poter costruire il tuo futuro giorno per giorno, in modo che quando sarai libera, avrai più possibilità di scelta. Questo è stato l’incontro con le ‘Lazzarelle’”.
In dodici anni hanno lavorato alla torrefazione ben 72 recluse. Il novanta per cento delle “Lazzarelle”, finito il periodo di detenzione, oggi ha una vita nuova.