Fimmg: entro 3 anni il 25% degli italiani rischia di restare senza medico di famiglia

Cronaca
Emanuela Ambrosino

Emanuela Ambrosino

Una situazione che entro pochi anni sarà critica ovunque. Silvestro Scotti, segretario nazionale della federazione dei medici di medicina generale: "La medicina del territorio è in una condizione che era facilmente prevedibile. Già 20 anni fa abbiamo iniziato a porre questo problema facendo i calcoli sui pensionamenti"

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Medici di famiglia sempre più anziani e sempre meno giovani che si formano e che decidono di riempire quei vuoti lasciati da chi va in pensione. Una bilancia che pesa sempre di più a sfavore dei pazienti che restano in particolare in alcune regioni del nord – senza medico di famiglia. Ma il fenomeno si sta diffondendo in tutta Italia. Entro pochi anni la situazione sarà ovunque critica. Ne parliamo con Silvestro Scotti, segretario nazionale della federazione dei medici di medicina generale. 

In che stato è la medicina del territorio?

Ad oggi tra i 3 e i 4 mln di italiani sono senza medico di famiglia. Secondo i nostri calcoli, guardando al saldo tra chi va in pensione e chi uscirà dalle scuole di specializzazione, entro tre anni il 25% della popolazione italiana si troverà senza l’assistenza territoriale di base. Per evitarlo ogni medico dovrebbe superare i 2mila assistiti coprendo territori molto estesi. Ma la medicina del territorio è in una condizione che era facilmente prevedibile. Già 20 anni fa abbiamo iniziato a porre questo problema facendo i calcoli sui pensionamenti. Chi usciva non sarebbe stato sostituito dai nuovi medici, da quelli programmati per l’accesso al corso di formazione specifica in medicina generale senza il quale non si può esercitare per norma europea. E questo perché il numero delle borse di studio finanziate è rimasto lo stesso per oltre 20 anni.

 

Ora però qualcosa è cambiato. Quando se ne vedranno gli effetti?

Negli ultimi tre anni il numero di borse di studio è aumentato gradualmente. Potenzialmente si è triplicato. Ma purtroppo le regioni sono in ritardo con i bandi di un anno. Quello che doveva essere pubblicato a febbraio, oggi ancora non c’è. Questa è una delle ragioni che frena il turn over ma non è la sola. Perché i numeri sono comunque insufficienti rispetto all’aumento esponenziale dei pensionamenti. A questo si aggiunge che, circa il 20% dei medici vincitori del bando, nell’arco dei primi due anni abbandona il corso per entrare in altre specialità più appetibili e pagate meglio. La borsa di studio per il nostro corso è di circa 900 euro al mese, quella per le altre scuole di specializzazione sono oltre il doppio. E questo fa la differenza per un giovane medico laureato che quindi sceglie una formazione che gli consente di guadagnare di più.

 

La situazione è uguale in tutta Italia?

Assolutamente no. C’è un forte divario. Al nord la carenza per i pensionamenti era già più evidente e a questo si è aggiunto che, durante la pandemia, molti medici che arrivavano dal centro e dal sud hanno deciso di tornare nelle loro zone di origine per coprire quei vuoti che si erano creati anche li. Fino a qualche anno fa il numero dei medici di medicina generale richiesti per il corso, non era coerenti con la popolazione della singola regione. La Puglia, per esempio, bandiva gli stessi posti della Lombardia.

 

A cosa vanno incontro i pazienti?

Sicuramente ci sarà un ulteriore riduzione dell’offerta nelle zone più disagiate e periferiche e nelle grandi città del nord.

 

Sono stati stanziati 15, 63 miliardi del fondo PNRR per la sanità. Per il governo le priorità sono le reti di prossimità e l’innovazione. La creazione delle cosiddette case di comunità. Ma se mancano già i medici di famiglia, a cosa serve investire nelle strutture?

Investire in strutture, senza investire nei professionisti che le devono mantenere, non ha alcun senso. La carenza di medici rischia di creare delle case vuote, più che di comunità, in alcune aree del paese. E si rischia di allontanare il medico di famiglia dai pazienti. Sono 60 mila gli studi dei medici di famiglia. Le case di comunità saranno 1.400.

 

Cosa potrebbe fare il governo?

Portare l’età pensionabile a 72 anni, sbloccare le incompatibilità per potere svolgere attività aggiuntive e valorizzare le esperienze sul territorio per accedere ai corsi di formazione e per ridurre il triennio con esperienze certificate.

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