Perché quando diventi madre o padre cominci a proteggere il mondo

Cronaca
Domenico Barrilà

Domenico Barrilà

©IPA/Fotogramma

Un giorno qualcuno, nota persona di cultura che per la verità non trovavo tanto simpatica, mi propose un libro a quattro mani cedendo a me la scelta dell’argomento. Pensai al tema della genitorialità perché “quando diventi madre o padre cominci a proteggere il mondo in modo più convinto, perché vi camminano sopra anche i tuoi figli”

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Parlo con una donna che si è stremata, anche economicamente, nello sforzo di generare un figlio.Una lavoratrice con un reddito modesto, così come il compagno, mossi entrambi da questo desiderio struggente e insindacabile. Uso di proposito i due aggettivi perché rappresentano con una certa precisione la condizione che cerco di descrivere.

Entrambi i membri della coppia scontano un passato difficile, che l’amore reciproco in qualche modo risarcisce. Il desiderio di un figlio, di più figli, è stato frustrato da un problema ginecologico, aggirato con difficoltà attraverso una forma di procreazione assistita e grazie a una donatrice.

 

Dopo alcuni tentativi infruttuosi, costosi, troppo rispetto alla situazione reddituale della coppia, ma anche fisicamente molto faticosi per la donna, il sogno si è finalmente realizzato, regalando a queste due persone un senso che pare avere cambiato, letteralmente, il loro modo di stare al mondo, un ambiente di cui ora si sentono ancora più parte integrante e che sperano di arricchire educando il loro bambino secondo principi di solidarietà e altruismo.Un figlio, finalmente.

 

Un giorno qualcuno, nota persona di cultura che per la verità non trovavo tanto simpatica, mi propose un libro a quattro mani cedendo a me la scelta dell’argomento. Pensai al tema della genitorialità perché “quando diventi madre o padre cominci a proteggere il mondo in modo più convinto, perché vi camminano sopra anche i tuoi figli”.

Certo, un bambino non è l’unica motivazione, un essere umano, già per il fatto di esserlo e se non è sopraffatto da eccessi di volontà di potenza, si prende cura del mondo, ma il figlio, in condizioni normali, rappresenta un rinforzo straordinario.

 

Una chiave che dovrebbe ancorarci più strettamente al Pianeta, sempre in condizioni normali, lo ripeto, ma quelle condizioni normali non sempre si affacciano nella vita degli uomini, così il figlio può diventare esso stesso un fine, l’unico però, innescando un processo di prossimità che chiude la vita invece di aprirla.

 

Chi pretende di decidere come devono procreare le persone, sovente con i modesti grandangolari dell’arroganza e dell’ideologia, si dovrebbe piuttosto preoccupare di aiutare chi evoca l’arrivo di un figlio, quale che sia la strada, a crescerlo secondo principi cooperativi, perché dovrà interagire con una specie interdipendente per destino, magari immaginando piani intelligenti di affiancamento alla famiglia, spesso evocata in modo superficiale.

La famiglia di oggi, non quella del mito e della tradizione, ma genitori e figli in carne e ossa immersi in una vita situata dove ciò che un tempo era materiale adesso si va virtualizzando, allontanando i soggetti e dunque privandoli di quella azione di contatto che fa del genere umano il luogo della compassione, ossia della capacità di “sentire” i simili ma anche di spingersi lontano, verso tutto ciò che vive, in qualsiasi forma.

Avere il privilegio di occuparsi di un paese, che prima di essere “nazione” è comunità naturale, che si espande e accoglie, significa proprio esercitare questo sforzo di aprire a dismisura l’ombrello dell’umanità, dunque possedere il talento di promuovere affiancamenti competenti a chi genera, a chi educa, perché quest’ultima non è più l’azione semplice e spontanea del tempo che fu, in cui bastava mettere al mondo e sfamare, ma un’arte scultorea sempre più sofisticata, i cui scalpelli non modellano solo i figli, ma possono decidere quanto durerà la nostra specie. Siamo troppo intrecciati per alimentare ulteriormente il morbo letale dell’individualismo, che poi diventerà modello per costruire comunità chiuse, che a loro volta produrranno focolai di distruzione.  

 

Domenico Barrilà, analista adleriano e scrittore, è considerato uno dei massimi psicoterapeuti italiani.
È autore di una trentina di volumi, tutti ristampati, molti tradotti all’estero. Tra gli ultimi ricordiamo “I legami che ci aiutano a vivere”, “Quello che non vedo di mio figlio”, “I superconnessi”, “Tutti Bulli”, “Noi restiamo insieme. La forza dell’interdipendenza per rinascere”, tutti editi da Feltrinelli, nonché il romanzo di formazione “La casa di Henriette” (Ed. Sonda).
Nella sua produzione non mancano i lavori per bambini piccoli, come la collana “Crescere senza effetti collaterali” (Ed. Carthusia).

È autore del blog di servizio, per educatori, https://vocedelverbostare.net/

 

 

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