Ecco perché fallì l'attentato mafioso a Maurizio Costanzo nel 1993

Cronaca
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Il presentatore, scomparso quest'oggi, 30 anni fa era sopravvissuto a un'imboscata nella quale fu coinvolto anche Matteo Messina Denaro

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Era il 14 maggio 1993 quando un'autobomba con 100 chili di tritolo esplose in via Fauro, a Roma, proprio all'uscita del teatro Parioli, con l'obiettivo di assassinare Maurizio Costanzo. Il piano, che coinvolse anche Matteo Messina Denaro, non riuscì, probabilmente per un pulsante schiacciato troppo in ritardo.

I resti dell'autobomba in via Fauro
I resti dell'autobomba in via Fauro - ©Ansa

L'attentato di via Fauro

A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta Maurizio Costanzo fece parecchie campagne contro la mafia, coadiuvato anche da Michele Santoro, invitando diversi esponenti delle istituzioni quali Giovanni Falcone nel palco del suo show. Per questo motivo la mafia lo mise nel mirino, con Totò Riina che si avvalse di un giovane Matteo Messina Denaro per pianificare il suo omicidio. Quasi un anno dopo la strage di Capaci, siamo al 14 maggio 1993, si attentò alla vita del presentatore, con la cosca Brancaccio incaricata di rubare un'auto e riempirla con 100 chili di tritolo, parcheggiando poi il veicolo poi lungo la strada che l'auto di Costanzo avrebbe percorso. L'esplosione, che ferì 24 persone tra cui due guardie del corpo del presentatore, non causò alcun danno a Costanzo e alla moglie Maria De Filippi, probabilmente perchè, secondo quanto scoperto dalle indagini, il pulsante di innesco della bomba venne premuto in ritardo dall'attentatore.

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