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Shoah, i familiari dei sopravvissuti e l’eredità del dolore. VIDEO

Cronaca

Cristiana Mancini

Gli eredi della memoria. I familiari dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti e l’eredità del dolore. Luigi Sagi e suo padre Nicolò vengono deportati ad Auschwitz nel 1944, solo Luigi sopravvive. Si costruisce una nuova vita, ma sempre tormentata dai fantasmi del passato. Muore nel 1998 a Roma. Con la scomparsa degli ultimi sopravvissuti, il dovere della testimonianza ricade sulle famiglie dei reduci

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Il rischio dell'oblio. Mirella è la vedova di Luigi Sagi, deportato ad Auschwitz a 19 anni. A tormentarla, adesso, è la possibilità che con la lenta ma inevitabile scomparsa di tutti i sopravvissuti ai campi si possa perdere anche il ricordo di ciò che è accaduto. “Quando moriranno tutti i sopravvissuti sarà tutto finito, ci sarà solo qualcuno che dirà: Povera gente, che cosa hanno passato. Ci sarà qualcuno che ci penserà un momento come lei che è venuta qui per parlare, poi è chiaro, uscirà da qui e dirà: Oddio dove ho messo la macchina, ho preso questo, ho preso quell’altro, perché è la vita. La vita è più forte”.

Costretti all'orrore

Il marito di Mirella, Luigi, e il padre di quest'ultimo Nicolò erano due ebrei fiumani deportati nel 1944 nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Luigi fu selezionato per il lavoro al Leichenkommando: si occupava di recuperare i cadaveri delle persone decedute. Il padre, invece, venne impiegato al Sonderkommando dove, dopo aver accompagnato le vittime ai forni, doveva raccogliere i loro indumenti, estrarre i denti d’oro e le protesi, tagliare i capelli alle donne, sminuzzare le ossa, gettare le ceneri nella Vistola, ripulire le camere a gas e imbiancarle nuovamente.

Entrambi accettarono questi terribili compiti per avere qualche razione di pane in più.

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La rivolta dei disperati

Nicolò Sagi, venne ucciso nella rivolta dei SonderKommando. I prigionieri si ribellarono alle SS uccidendone tre e facendo saltare un forno crematorio, ma la loro ribellione si concluse in un bagno di sangue e i deportati vennero tutti uccisi.

Nonostante Luigi sia riuscito a sopravvivere all’inferno di Auschwitz e a costruirsi una nuova vita con la moglie e i due figli, i fantasmi del campo non lo hanno mai abbandonato. Mio marito, racconta Mirella, è stato in campo di concentramento, non si sa quello che gli hanno fatto, come poteva stare bene? Non poteva stare bene. Nessuno è stato più bene”.

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Il compito di ricordare

Il figlio di Luigi e Mirella si chiama come il nonno, Nicolò. E' ben consapevole che a lui prima e ai suoi figli poi, spetterà il compito di tramandare la memoria del padre e del nonno. Ora che i testimoni stanno per scomparire i racconti di quanto avvenuto dovranno essere tramandati perché non vadano persi.

“Le persone vogliono dimenticare” dice. “Se ne è parlato, se ne è riparlato, questo atteggiamento mi preoccupa”.

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Il coraggio della testimonianza

Inizialmente, in casa Sagi quanto accaduto ad Auschwitz non veniva mai rievocato. Con gli anni, però, Luigi cominciò a interrogarsi sulla correttezza del suo silenzio e decise di iniziare a raccontare ai giovani l’inferno che aveva vissuto, fino a tornare nei luoghi in cui l'orrore si era consumato. Accompagnò i più giovani nei campi, perché vedessero e capissero, e continuò a farlo per molti anni, fino alla sua morte nel 1998.