Centoventisei, racconto sulla strage di Via D'Amelio di Abbate e Fava

Cronaca

Sabrina Rappoli

Gli autori, Ezio Abbate e Claudio Fava, non citano mai la strage del luglio '92 nella quale fu assassinato il giudice Paolo Borsellino, ma il loro racconto sui preparativi di quel tragico giorno è di un'efficacia raggelante

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Tre personaggi immaginari, una calda notte palermitana, il furto di una Centoventisei. Ruota attorno a questo il racconto di Ezio Abbate e Claudio Fava.

 

Perché avete deciso di scrivere questa storia e perché lo avete fatto a 4 mani?

 

Se Spatuzza non avesse deciso di raccontare la verità, questa storia non l'avremmo mai conosciuta. Per anni la verità processuale è stata quella, falsa, di Scarantino, e questo cortocircuito tra verità e bugia ci è sembrato potente.

Siamo partiti dalla realtà e poi l'abbiamo trasfigurata. L'inizio e la fine sono le uniche cose che non abbiamo trasformato. Nel mezzo, il viaggio di questa Fiat 126 che diventa una marcia di morte.

Perché a 4 mani? Claudio ed io ci siamo conosciuti scrivendo serie tv. E il mondo della sceneggiatura è come quello musicale: si sta in una band, si sta insieme e si suona. Solo che noi scriviamo. E abbiamo voluto portare questa esperienza nel mondo letterario. Per noi è facile, anzi, naturale. Abbiamo suonato insieme per mesi interi ed ecco il libro, scritto, suonato e arrangiato da una band di due persone.

 

Qual è stata la sfida da vincere, nello scrivere questo racconto?

 

La sfida più difficile è sempre evitare la retorica. In questo caso, però, c'era una doppia difficoltà, perché i protagonisti sono tutti dalla parte sbagliata del mondo. 

Volevamo che i lettori vivessero la notte che vivono i nostri personaggi. Senza distanza. Immedesimandosi perfettamente nelle loro azioni, e nelle loro emozioni, indipendentemente dal fatto che siano giuste o sbagliate.

Ed abbiamo scelto di raccontare la storia da tre punti di vista diversi, tutti in prima persona singolare. 

Non ci sono schermi di protezione per il lettore. E questa è una sfida che abbiamo voluto lanciare ai nostri lettori.

 

Qual è lo stato delle cose, oggi, quando parliamo di mafia? E’ ancora “Cosa Nostra” o si è trasformata in “Cosa Nuova”?

 

Cosa Nostra è antica e al tempo stesso imprevedibile nelle sue mutazioni, la forma criminale più perfetta nel mescolare tradizione e modernità. È cambiata, si è adeguata a noi, alle nostre intuizioni, alle nostre leggi, al nostro mutato senso morale. Un tempo investiva nelle ville e negli agrumeti, adesso ricicla i propri guadagni nelle aziende hi-tech, in beni immateriali, in fondi sovrani. Moderna, spregiudicata, evoluta: e al tempo stesso ripiegata su ste stessa, sulle proprie mitologie, assediata e mai doma come un Macbeth dei tempi nostri. Solo che i nostri cuori non sono più così bianchi.

 

Un mondo senza mafia è possibile o questo attiene alla fantascienza?

 

Se la mafia non esistesse più perché sconfitta, o scomparsa perché esausta, ce ne inventeremmo un'altra. Una cosa nostra 2.0, al passo con i tempi, digitalizzata, profumata di nuovo come una start up, fresca di fabbrica. Stiamo dicendo che la condizione morale della mafia è anche nella sua necessità, un male che serve a definire il bene, un tragico principio motore che tiene insieme pezzi della realtà, produce anticorpi, esalta ed esaspera. Il giorno in cui ci saremo sbarazzati di questa mafia, per via giudiziaria o culturale, ci troveremo a fare i conti con un'altra oscura devianza, con un'altra banalità del male. Il Leviatano, avrebbe detto Thomas Hobbes. Destinato ad accompagnare le notti dell'uomo.

 

Vi piacerebbe che questo racconto proseguisse la sua vita oltre la carta e diventasse, magari, un film?

 

Intanto il libro sta cominciando a viaggiare per il mondo. E noi con lui. La prima impressione è che i lettori siano contenti di poter leggere il libro in un'ora e mezza, proprio come la durata media di un film. Si avvicina molto al concetto di esperienza catartica che volevamo regalare ai lettori. Quindi sì, certo che ci piacerebbe che diventasse un film vero e proprio. Per il momento ci godiamo la notizia per la primavera del 2023: il libro diventerà uno spettacolo teatrale prodotto dallo Stabile di Catania e il Biondo di Palermo.

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