Era il 2013 quando al ragazzo venne amputata la gamba dopo una diagnosi sbagliata. Ne seguirono 17 mesi di agonia e il decesso. La Cassazione ha condannato l’ortopedico a un anno di reclusione con l'accusa di lesioni colpose e omicidio colposo
Con la sentenza definitiva, confermata dalla Cassazione, si è chiusa la vicenda iniziata nel 2013 quando un ragazzo 20enne venne operato da un chirurgo della casa di cura romana Nuova Itor che aveva confuso un tumore per una frattura. Per quella diagnosi sbagliata, che portò alla morte del giovane, il medico è stato condannato a un anno di reclusione con l'accusa di lesioni colpose e omicidio colposo.
La morte dopo 17 mesi di agonia
Nel maggio del 2013 a causa di un insopportabile dolore al ginocchio, il ragazzo andò a farsi visitare dall’ortopedico che, nonostante il tumore fosse stato evidenziato dalle lastre, non se ne accorse e decise di operarlo aggravando la situazione. Il cancro, un osteosarcoma molto aggressivo, andò infatti in metastasi e a quel punto venne decisa l'amputazione della gamba. Purtroppo la situazione continuò a peggiorare fino a quando, il 30 ottobre 2014, dopo 17 lunghi mesi di agonia il ragazzo morì. L’azione legale è stata intrapresa dalla famiglia del giovane che ha dimostrato come l'errore del medico ne abbia causato la morte.