Minori e violenza, è allarme. Gli esperti: serve sostegno psicologico

Cronaca

di Monica Peruzzi

©Ansa

Nell'80% dei casi, i ragazzi non hanno accesso al sostegno di uno psicologo, in un momento in cui i ruoli sono messi profondamente in discussione. Se i nuovi modelli di donna che le ragazze possono prendere come esempio sono di persone emancipate, consapevoli e determinate, resta da capire come si vada ridefinendo l'universo maschile, in preda a una profonda crisi d'identità. Il vecchio "maschio alfa dominante" resta infatti ancora ben radicato e crea una spaccatura sempre più profonda

Violenze commesse da giovanissimi, spesso su ragazze altrettanto giovani, magari durante feste a base di alcol e droghe. Uno scenario che si ripete sempre più spesso e che lascia molte domande su come stia cambiando il mondo intorno ai nostri ragazzi. Ma anche quello interiore.

"L'età degli uomini che commettono violenza si è abbassata"

"Nei giovani abbiamo un dato un po' preoccupante - ci spiega Fabio Roia, presidente della sezione Misure Disciplinari del Tribunale di MIlano -. Ogni anno, come tribunale di Milano, monitoriamo tutte le sentenze che vengono emesse per reati di questo tipo, quindi parlo di processi celebrati. Nell'ultimo anno abbiamo visto che l’età delle donne che hanno denunciato, e degli uomini che hanno agito violenza, si è ulteriormente abbassata. Questo può essere positivo, da un lato, perché significa che finalmente la donna giovane denuncia e non aspetta quattro o cinque anni, come avveniva in passato. C'è però da capire come mai si sia abbassata anche l’età degli autori del reato. Forse, a livello scolastico, la sensibilizzazione ancora non sta funzionando".

L'amore narcisistico 

Ripartiamo da questo allarme, confermato dai numeri dell'Istat che ci dicono che nel 2020, ultimo anno di riferimento, le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522 da parte delle ragazze sotto i 24 anni sono aumentate del 2% rispetto all'anno precedente.

 

"Penso che ci sia una questione fondamentale che riguarda oggi le coppie, un nuovo ragionamento da fare sul modo di amare - dice Matteo Lancini, presidente della Fondazione MInotauro, che si occupa di ragazzi da decenni -. I cambiamenti intervenuti in questi anni hanno determinato sicuramente un passaggio da un amore che si poteva definire più romantico, più di sottomissione al progetto di coppia, a una coppia differente. C'è uno spazio anche per l’individualità, il che ci porta a parlare di un amore narcisistico. E l’amore narcisistico è un amore in cui accade che, in qualche modo, si perde completamente il valore di sé nel momento in cui finisce la relazione. È una dimensione in cui si mette dentro l’altro tutto il valore di se stessi".

 

Oggi è uno studio della Lancaster University che rivela che sono proprio gli uomini, in particolare quelli più giovani, a soffrire di più la fine della relazione. "La fine della relazione è un momento drammatico - prosegue Lancini -. Non credo che con gli adolescenti convenga minimizzare, dicendo che passerà, che ci siamo passati tutti, il classico morto un Papa se ne fa un altro, luoghi comuni, stereotipi, che sono controproducenti. Bisogna invece ragionare molto profondamente sul fatto che la fine del rapporto di coppia è ancora parte della relazione".

Ridiscutere il modello del maschio alfa

Rivedere i modelli dominanti, mettere in discussione i ruoli, capire come si sta ridefinendo l’universo femminile ma anche quello maschile, in preda a una profonda crisi d'identità. Perché se da una parte i nuovi modelli di donna che le ragazze possono prendere come esempio sono di persone emancipate, consapevoli e determinate, dall'altra il vecchio maschio alfa dominante resta ancora ben radicato e crea una distonia sempre più evidente.
 

In mezzo a tutto questo, c’è l’abisso di chi si sente lasciato solo, nella maggior parte dei casi senza neanche la possibilità di parlare con uno specialista. "Anche a seguito di questi due anni di pandemia nella fascia giovanile, soprattutto quella dai 15 ai 19 anni, si sono riscontrati i danni maggiori - ci racconta Damiano Rizzi, psicologo di Fondazione SoleTerre, esperto di minori e da decenni in corsia nel reparto oncologico pediatrico del San Matteo di Pavia -. I dati in letteratura arrivano a dirci che in questa fascia di età si è arrivati non solo a commettere violenza ma addirittura a togliersi la vita".

Immagine social sempre più pressante

In un momento in cui tutto è omologato un luogo virtuale dove i ragazzi costruiscono la propria personalità, nasce il progetto #ISeeyou, un camp gratuito in cui le ragazze vengono aiutare a capire come accertarsi, a volersi bene come sono, senza filtri, nella loro unicità e a districarsi fra i pericoli della rete.

 

"Le ragazze sono sempre di più alla ricerca di approvazione - dice Lidia Carew, una delle ideatrici di questo progetto di empowerment -. L'approvazione arriva anche dall’immagine dei social, che diventa sempre più pressante e precoce. Si arriva ad avere a che fare con i social già dai 12-13 anni. Quindi è lì che bisogna lavorare. L’approvazione, se non la trovi, ti rende vulnerabile. Ti trovi ad affrontare delle violenze che sembrano piccole, microviolenze, ma che messe tutte insieme diventano grandi traumi".

Lasciati soli

Prendersi cura degli aspetti psicologici in una società in cui vengono sminuiti e abiliti non è semplice, soprattutto se l'aiuto non è garantito dallo Stato. "I dati dell'Ordine nazionale degli psicologi ci dicono che l’80% dei bambini e dei ragazzi non ha accesso, se non pagando, al sostegno psicologico - conclude Damiano Rizzi -. Questo significa che, a meno che non provengano da famiglie che possono permettersi di spendere dalle 60 alle 100 euro all’ora per una seduta di psicoterapia privata, sono lasciati da soli. Ma del resto non c'è da stupirsi, è la nostra cultura: devi farcela da solo. E se non ce la fai da solo, sei un perdente".

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