Minacce dei Casalesi a Saviano e Capacchione, due condanne a Roma

Cronaca

La Procura di Roma ha condannato il boss Bidognetti e il suo avvocato Santonastaso per le minacce rivolte allo scrittore Roberto Saviano e alla giornalista Rosaria Capacchione durante il processo d'appello del maxi processo Spartacus nel 2008. Le minacce sono state giudicate aggravate dal metodo mafioso

Vere e credibili. Così sono state considerate le minacce rivolte a Roberto Saviano e Rosaria Capacchione dagli avvocati del clan dei Casalesi nel corso dell’appello del maxi processo Spartacus che metteva alla sbarra il vertice della camorra casertana.  La Procura di Roma ha ottenuto la condanna del boss Francesco Bidognetti a un anno e sei mesi e del suo avvocato Michele Santonastaso a un anno e due mesi. Minacce vere e credibili e aggravate dal metodo mafioso. Questo il commento del giornalista-scrittore: “Ci sono voluti tredici anni per concludere questo processo molto delicato, che ha raccontato come un clan ha cercato di intimidire, isolare e fermare il racconto del suo potere. La sentenza mi ridà speranza ma non mi restituisce gli anni sotto scorta”.

 

La storia delle minacce

 

Col boss Bidognetti, capo di una delle quattro famiglie nel cartello camorrista, recluso in regime di carcere duro, l’avvocato Santonastaso lesse un documento che sembrò subito diverso nel suo significato rispetto al senso letterale delle parole. Una richiesta di ricusazione della Corte che si sarebbe fatta influenzare dal libro “Gomorra” di Saviano e dagli articoli della giornalista del “Mattino”, Rosaria Capacchione.  Era il 26 dicembre del 2008 e i pm della Dda di Napoli interpretarono quell’intervento come un proclama di minacce indirizzata allo scrittore, alla cronista e ai pubblici ministeri che condussero le indagini, Raffaele Cantone e Federico Cafiero De Raho. Saviano viveva già sotto scorta e nei giorni successivi la protezione fu assegnata anche a Capacchione.

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