I giovani medici in prima linea contro il Covid, oggi specializzandi
CronacaFrancesca, come molti altri giovani medici, ha iniziato da poco la specializzazione. Ma durante la pandemia, mentre il concorso era bloccato per una serie di ritardi, ha lavorato in corsia e non solo per assistere i pazienti affetti dal virus.
Di solito, dopo la laurea in medicina, si accede alla specializzazione: si continua a studiare per diventare ginecologi, chirurghi generali o pneumologi. Ma per molti giovani medici le cose sono andate diversamente. Francesca si è laureata poco più di un anno fa e, come altri, ha iniziato subito a lavorare in quella che era la prima linea dell’emergenza virus.
In corsia durante l'emergenza virus
Prima effettuando tamponi, e poi lavorando in corsia. Nei reparti Covid degli ospedali e anche con le Usca, assistendo a domicilio le persone affette dal virus in condizioni meno critiche. "Ho finito la laurea avendo studiato un tipo di medicina che era completamente diverso, poi è capitata la pandemia", racconta, "tutti noi abbiamo imparato cosa vuol dire una vestizione e a dover comunicare un decesso ai familiari". Una formazione rapida e d'emergenza: "Questa malattia, e la solitudine a cui costringe i pazienti, ci hanno fatto capire che un medico non può scindere la parte umana da quella clinica", spiega Francesca, "un insegnamento che sicuramente noi abbiamo ricevuto in forma un po' brusca e precoce ma che comunque penso sia una parte importante nella formazione del medico che saremo".
I ritardi nel concorso
Nel frattempo, Francesca ha anche sostenuto il concorso nazionale per la specializzazione. Un concorso che ha subito una serie di ritardi, sia nella data di svolgimento che nella pubblicazione dei risultati. I 24mila cosiddetti camici grigi sono rimasti in attesa di una risposta per molte settimane fino a quando, il 21 dicembre, sono state rese pubbliche le graduatorie definitive. E 14mila di loro hanno saputo di aver ottenuto una borsa di specializzazione.
Camici grigi
La definizione di camice grigio viene proprio dalla situazione precaria in cui spesso questi giovani medici si trovano, in un limbo tra formazione universitaria e percorso professionale. Sono diversi i casi in cui hanno cercato di far presente alle istituzioni di non poter essere considerati semplicemente degli studenti, soprattutto in questo periodo in cui il loro lavoro ha contribuito a tenere in piedi il sistema sanitario durante la pandemia. Quando sono uscite le graduatorie, Francesca ha saputo di aver ottenuto la borsa di specializzazione a Roma, in chirurgia generale. Ha dovuto chiudere i vari contratti con cui lavorava, spostandosi tra Milano e provincia, in reparti Covid, Usca e guardie mediche. In poche settimane si è trasferita in un'altra città per iniziare il suo percorso. O meglio, per continuarlo. "Dopo mesi in cui lavoravo nel mezzo di un'emergenza sanitaria e dovevamo imparare ad essere autonomi e responsabili, ora sono tornata un po' a essere anche studentessa e a formarmi con più tempo a disposizione".