Coronavirus, morti altri due medici: il totale sale a 142

Cronaca

Sono Manuel Efraim Perez, medico 75enne presidente dell'associazione modenese di volontariato Fratres Mutinae, morto ieri mattina a Bologna, e Silvio Marsili, pediatra in pensione. 50 medici scrivono una lettera aperta agli italiani: “Attenzione a comunicazione”

Ieri mattina è morto all'ospedale Sant'Orsola di Bologna, dove era ricoverato perché positivo al Covid-19, Manuel Efraim Perez, medico 75enne presidente dell'associazione modenese di volontariato Fratres Mutinae. Oggi è invece deceduto Silvio Marsili, pediatra in pensione, secondo quanto rende noto la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), che aggiorna costantemente la lista dei medici deceduti per l'epidemia includendo medici in attività, in pensione e medici pensionati richiamati in servizio o comunque attivi. Il totale dei decessi dall'inizio dell'epidemia sale così a 142 (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - LE GRAFICHE).

Il dottore attivo nel volontariato

"Ha dedicato la sua esistenza alla professione - ha raccontato il figlio di Manuel Efraim Perez, anche lui medico -, con dedizione e infinito spirito di servizio". Peruviano di nascita, bolognese a tutti gli effetti, il dottor Manuel, come lo hanno sempre chiamato i volontari che ha fatto crescere, ha contratto la malattia andando a visitare gli anziani di una casa di riposo (IN ARRIVO L’APP PER IL TRACCIAMENTO DEI CONTAGI I NUMERI DELL'ITALIA - FOTO SIMBOLO).

Lettera di 50 medici: "Attenzione a comunicazione"

Cinquanta medici e specialisti hanno firmato oggi una lettera aperta agli italiani per mettere in luce errori molto comuni che accompagnano spesso la comunicazione sul Covid-19: attenzione al bisogno sociale di trovare un responsabile per ogni evento, a non trarre conclusioni affrettate o basate su fragili fondamenta. Nella lettera precisano che la comunicazione è "parte integrante della gestione e della cura di una pandemia" dalla portata mai vista in Italia. "Trarre conclusioni a partita in corso - si legge nella lettera che porta la prima firma di Stefano Fagiuoli, direttore del Dipartimento di Medicina dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - è la cifra distintiva dell'approccio generale (addetti ai lavori, istituzioni, politici, popolazione generale, media) che abbiamo osservato fin dall'inizio di quella che poi si è rivelata una pandemia". Un errore frequente, come il trarre rapide conclusioni poggianti su fragili fondamenta. "Il primo clamoroso errore di attribuzione di responsabilità è l'aver immediatamente associato la numerosità dei contagiati di un'area come metro di paragone della qualità del sistema sanitario dell'area stessa".

"Evitare atteggiamenti polemici"

Ci sono stati poi molti aspetti oggetto di "ardite comparazioni", dal numero dei positivi all'eccessivo tasso di ricoveri, dall'alta letalità di alcune zone alla percentuale dei guariti: tutti parametri che necessitano un denominatore adeguato a partire dal quale esser conteggiati. La soluzione di una pandemia di questa portata, affermano, "è socio-epidemiologica, cioè basata sull'isolamento personale (e non familiare). Ma questo implica il credere fermamente nel principio che la comunicazione sia pienamente parte del processo di gestione e cura di questa pandemia". Quindi l'appello a tutti gli attori della comunità scientifica di evitare in questa fase "atteggiamenti polemici", "conclusioni affrettate e basate su dati epidemiologici incompleti", "abbassare i toni ed evitare i personalismi".

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