“Davanti alla sofferenza dei pazienti dimentichiamo la nostra fatica fisica” dice Francesca Cortellaro, dipartimento di emergenza dell’Ospedale San Carlo di Milano. “Un medico di urgenza è abituato ad occuparsi di mortalità”. Ma “è dura non poter salvare tutti”
La fatica non spaventa. In questa situazione di emergenza “siamo adrenergici. Davanti alla sofferenza, al dolore dei pazienti, ci dimentichiamo velocemente della nostra fatica fisica. Ciò che ci stanca è la gestione dei lutti e l’impossibilità di salvare tutti coloro che vorremmo salvare”. La dottoressa Francesca Cavallaro, dipartimento di emergenza dell’Ospedale San Carlo di Milano, racconta così, a Sky TG24, come i medici stanno gestendo l’emergenza. (SPECIALE - MAPPA E GRAFICI DEL CONTAGIO)
Il supporto psicologico
“Il conforto del team, dei medici, degli infermieri e quello della comunità ci sostiene molto. Abbiamo anche un gruppo di psicologhe che, oltre a supportare i pazienti, ci stanno vicine”. La cura dell’insufficienza respiratoria, ammette la dottoressa Cortellaro, primario del pronto soccorso, “è estenuante. I pazienti hanno bisogno di tutto il supporto psicologico che siamo in grado di dare. Il nostro contributo e soprattutto quello degli psicologi si rivela fondamentale nei momenti in cui i pazienti hanno voglia di mollare”.
E’ una rivoluzione
Quella che i medici stanno vivendo ora è una vera e propria rivoluzione. “Un medico di urgenza è abituato a occuparsi di mortalità - spiega Cortellaro - . Abbiamo una stanza dove effettuiamo i colloqui coi parenti, dove ci prendiamo i nostri tempi e alle volte facciamo entrare un paziente nelle ultime fasi della sua vita. Questo ora è completamente abolito”. Questa fase di passaggio, di accompagnamento del malato, non esiste più. “Grazie all’aiuto della tecnologia, attraverso videochiamate, siamo riusciti a fare in modo che i parenti possano guardare in faccia il proprio caro e anche i medici. A brevissimo - aggiunge - saremo in grado di istituire un servizio telefonico, sempre grazie al supporto degli psicologi, per garantire una continuità di dialogo coi famigliari. E’ utile per spiegare loro cosa fare nel pratico e spiegare anche perché non possono stare vicino al proprio parente negli ultimi momenti di vita. E’ utile anche nella delicata di situazione di una eventuale gestione delle salme o del funerale”.
Lo shock iniziale e poi la soluzione
La dottoressa del Dipartimento di emergenza del San Carlo fa poi una pausa. Scuote la testa e aggiunge: “I medici e gli infermieri hanno una resilienza incredibile. Dopo lo shock iniziale delle prime situazioni abbiamo capito che dobbiamo inventarci nuove strade. Non ci si arrende”.
La vita stravolta dei medici
La vita della dottoressa Cortellaro, così come quella dei suoi colleghi, è stata completamente stravolta. “Io ho scelto di mandare i miei figli fuori casa. E abbiamo delle fantastiche videochiamate serali”. Poi sorride: “in questi giorni mangio più del solito. Per questo ringrazio una collega infermiera che è riuscita a organizzare un sistema che garantisce i pasti per tutti”.