Hiv, Cassazione: irrevocabile condanna per Talluto perché "agì con dolo"

Cronaca

La Suprema Corte pubblica le motivazioni della sentenza del 30 ottobre con cui ha respinto il ricorso del 35enne condannato a 22 anni per aver contagiato con l'Hiv 32 donne conosciute in chat. “Ebbe piena consapevolezza del rischio di contagio”, scrivono i giudici 

In attesa che si celebri l'appello bis per rivalutare altri casi di contagio, è "irrevocabile" la condanna a 22 anni di reclusione per Valentino Talluto, il 35enne processato per aver consapevolmente contagiato con l'Hiv 32 donne conosciute in chat, con un comportamento doloso che si è protratto per nove anni e che si è concluso nel novembre del 2015, con un ultimo rapporto non protetto consumato alla vigilia del suo arresto. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 30 ottobre ha affrontato questo caso respingendo il ricorso della difesa di Talluto e accogliendo, invece, quello del Procuratore generale di Roma e di quattro vittime escluse dal contagio nel verdetto d'appello che, l'11 dicembre 2018, aveva ridotto da 24 a 22 gli anni di carcere per l'imputato.

"Ebbe piena consapevolezza del rischio di contagio"

Valentino Talluto "con la sottoposizione ai test e con i conseguenti consulti medici ebbe piena consapevolezza della sua malattia e del rischio di contagio per pratiche sessuali non conformi a determinate indicazioni che compiutamente gli furono fornite" e quindi "agì con dolo, seppure, come affermato dalle sentenze di merito, nella forma del dolo eventuale". Così la Cassazione spiega perché, il 30 ottobre ha deciso di dichiarare "irrevocabile ed eseguibile" la condanna dell'imputato a 22 anni di reclusione - accusato di lesioni gravissime per aver contagiato con il virus Hiv decine di partner - senza “alcuna attenuante" vista sia "la gravità dei fatti" che "l'assenza di significativi segni di resipiscenza", trasmettendo gli atti alla Corte d'assise d'appello di Roma affinché valuti anche un aumento di pena, con un nuovo vaglio riguardante 4 episodi da cui Talluto era stato assolto in appello.

Esclusa la responsabilità del delitto di epidemia

Ad avviso degli “ermellini”, è da escludere - come invece sosteneva il Pg della Capitale - che l'uomo si sia reso responsabile del delitto di "epidemia" perché mancano in questa vicenda le caratteristiche proprie di questo reato che si connota "per diffusività incontrollabile all'interno di un numero rilevante di soggetti e quindi per una malattia contagiosa, dal rapido sviluppo ed autonomo, entro un numero indeterminato di soggetti e per una durata cronologicamente limitata". In proposito, gli 'ermellini' sottolineano che Talluto "contagiò un numero di persone, per quanto cospicuo, certo non ingente e ciò fece in un tempo molto ampio, in un arco di ben nove anni: entrambi gli aspetti rendono il fatto estraneo alla descrizione tipizzante appena prima illustrata".

Le motivazioni della Suprema Corte

Secondo la Cassazione, dunque, "l'ampiezza del dato temporale in cui si è verificato il contagio, in uno col fatto che un altrettanto cospicuo numero di donne, che pure ebbero rapporti sessuali non protetti con l'imputato, non furono infettate, militano nel senso della carenza, nella vicenda in esame, della connotazione fondamentale del fenomeno epidemico, che giova a qualificare la fattispecie in termini di reato di pericolo concreto per l'incolumità pubblica, ossia la facile trasmissibilità della malattia ad una cerchia ancora più ampia di persone". Tuttavia la Cassazione non esclude che, in casi diversi da questo, possa configurarsi - ad esempio con il concorso di più persone - l'accusa di aver diffuso una epidemia.

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