La motovedetta speronata dalla comandante non poteva essere considerata “nave da guerra” mentre la resistenza a pubblico ufficiale era “giustificata” dalla necessità di “adempiere a un dovere”: queste le ragioni per cui la comandante della Sea Watch è stata liberata
La motovedetta della Guardia di Finanza non poteva essere considerata “nave da guerra” e l’indagata ha agito “nell’adempimento di un dovere”. Sono queste, in sintesi, le motivazioni per cui il gip di Agrigento, Alessandra Vella, ha rigettato ieri la richiesta di convalida dell'arresto di Carola Rackete, la comandante della Sea Watch finita ai domiciliari dopo aver attraccato senza permesso al porto di Lampedusa (CHI È – LE POLEMICHE POLITICHE - LA DIFESA DELLA ONG).
La definizione di "nave da guerra"
La giovane comandante, con i 42 migranti soccorsi nei giorni scorsi, non si è fermata all'alt della Finanza e venerdì notte ha forzato il blocco dirigendosi verso la banchina del porto di Lampedusa e speronando la motovedetta delle Fiamme Gialle. Ora, in 13 pagine di ordinanza, la giudice spiega perché ha deciso di non convalidare l’arresto di Rackete, escludendo il reato di violenza e resistenza a nave da guerra (articolo 1100 del codice della navigazione) e ritenendo “giustificato” quello di resistenza a pubblico ufficiale. Nel primo caso, Vella ha ritenuto che "le motovedette della Finanza sono considerate navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia una autorità consolare", mentre la motovedetta speronata operava nel porto di Lampedusa. Per questo motivo, ha negato la sussistenza del primo reato contestato. (TENSIONE ALLA CAMERA DOPO LA SCARCERAZIONE)
L'adempimento di un "dovere"
Per quanto riguarda invece l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale, la giudice ha sostenuto che dal video esaminato "il fatto risulta molto ridimensionato nella sua portata offensiva" e che comunque il "reato risulta scriminato per avere l'indagata agito in adempimento di un dovere", cioè quello di salvare vite umane. Il gip ha inoltre sottolineato che la scelta del porto di Lampedusa sia stata obbligatoria perché i porti della Libia e della Tunisia non sono stati ritenuti porti sicuri.