Il giovane fu ucciso con un colpo di arma da fuoco nel 2015 nella casa della sua fidanzata a Ladispoli. Ora nella nuova indagine finisce un militare, accusato di aver consigliato ad Antonio Ciontoli, padre della ragazza, di prendersi la colpa
C’è un nuovo indagato nel caso dell’omicidio di Marco Vannini, il 20ennne ucciso con un colpo di arma da fuoco il 18 maggio 2015 nella casa della sua fidanzata a Ladispoli: la Procura di Civitavecchia ha infatti iscritto nel registro degli indagati il luogotenente Roberto Izzo. Era in servizio nella caserma dei carabinieri che sono intervenuti la notte dell’omicidio: per lui l’accusa sarebbe di favoreggiamento e falsa testimonianza.
La nuova testimonianza
L’indagine nei confronti del carabiniere ha preso il via dopo una dichiarazione fatta a Le Iene da Davide Vannicola, commerciante di Tolfa. Secondo quanto rivelato dall’uomo, Izzo - suo amico - gli avrebbe raccontato che a sparare al ragazzo non sarebbe stato Antonio Ciontoli (sottoufficiale della Marina) ma il figlio Federico, presente in casa assieme alla madre, Maria Pezzillo, alla sua fidanzata, Viola Giorgini, e alla sorella nonché fidanzata della vittima, Martina. L'intera famiglia Ciontoli è stata condannata in secondo grado per omicidio colposo: Antonio Ciontoli è stato condannato a cinque anni per omicidio colposo, la moglie e i figli condannati tutti a tre anni. Secondo la testimonianza del commerciante, Izzo avrebbe detto ad Antonio Ciontoli, nei momenti successivi allo sparo, di prendersi lui la colpa di tutto per coprire il figlio. Vannicola ha confermato la sua versione al procuratore capo di Civitavecchia, Andrea Vardaro, e al pm, titolare del fascicolo, Roberto Savelli. Una ricostruzione che però viene smentita dal luogotenente Izzo, che ha rispedito al mittente ogni accusa senza rilasciare alcuna dichiarazione ufficiale.
Il ricorso in Cassazione della famiglia Ciontoli
La dinamica della morte di Vannini resta controversa. Il giovane, secondo l'accusa, è stato lasciato per tre ore agonizzante prima di morire, con la complicità dell'intera famiglia del sottoufficiale Ciontoli. Sempre secondo la versione dell'accusa, il ventenne si trovava in casa della fidanzata e si stava facendo un bagno nella vasca, quando è entrato Ciontoli per prendere da una scarpiera un'arma. È stato esploso un colpo che ha ferito gravemente il ragazzo. Da questo momento sarebbe partito un ritardo “consapevole” nei soccorsi e le condizioni del giovane si sarebbero aggravate, fino a provocarne la morte. La famiglia Ciontoli, dopo la condanna in secondo grado, ha deciso di ricorrere in Cassazione. Per Antonio Ciontoli la difesa chiede l'esclusione dell'aggravante della colpa cosciente mentre per la moglie e i due figli, anche loro condannati per omicidio colposo, si chiede la riqualificazione del reato in favoreggiamento e in subordine in omissione di soccorso.