Il 27enne reo confesso: "Volevo ammazzare un ragazzo come me”. Il procuratore di Torino: "Il movente che ci viene raccontato fa venire freddo alla schiena". In corso ulteriori accertamenti. Il giovane pare soffra di depressione per alcune vicissitudini personali
"Ho scelto di uccidere questo giovane perché si presentava con aria felice. E io non sopportavo la sua felicità". È questa una delle spiegazioni fornite da Said Machaouat, il 27enne reo confesso dell'omicidio di Stefano Leo, avvenuto a Torino, in riva al Po, il 23 febbraio. A riferire la frase è il procuratore vicario di Torino, Paolo Borgna, che ha commentato: "Il movente che ci viene raccontato fa venire freddo alla schiena”. "Il pensiero che Stefano sia morto per uno sguardo, forse per un sorriso che aveva regalato al suo assassino, è inaccettabile", ha commentato il padre della vittima. "È come se lo avessero ucciso un'altra volta, non riesco a farmene una ragione".
“Volevo ammazzare un ragazzo come me”
Said voleva uccidere qualcuno e ha scelto Stefano perché aveva più o meno la sua età. "Volevo ammazzare un ragazzo come me”, ha spiegato l’assassino ai pm Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli, “togliergli tutte le promesse, i figli, toglierlo ad amici e parenti". Dopo la confessione, sono in corso ulteriori indagini. "Anche sul movente sono in corso accertamenti", ha spiegato Borgna. I carabinieri stanno infatti indagando sulla vita di Machaouat. Nato in Marocco nel gennaio 1992, era arrivato in Italia da bambino. Nel 2015 si era separato dalla moglie ed era stato seguito dagli assistenti sociali. Aveva un precedente per maltrattamenti in famiglia. Dopo aver perso il lavoro, negli ultimi mesi aveva vissuto a Ibiza e in Marocco, per poi tornare a Torino, senza casa e lavoro. Non risulta avesse problemi psichiatrici ma sembra che, a causa delle sue vicissitudini, non riuscisse a uscire dalla depressione e dalla sofferenza.