Mauro Palma nella relazione al Parlamento: ci sono 60.472 detenuti per 50.514 posti letto. Nel 2018 i suicidi sono stati 64, in aumento rispetto al 2017. Fico: “Su tortura e trattamenti degradanti l'Italia non ha ottemperato a obblighi costituzionali e internazionali"
Il “sovraffollamento” delle carceri “non è una fake news”. A dirlo è il Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, nella sua relazione annuale al Parlamento, specificando che nell’ultimo anno si contano 2.047 detenuti in più, "con un andamento progressivo crescente e preoccupante", e che "questo aumento si riverbera sulle condizioni di vita interna”. Il totale, aggiunge il Garante, è di 60.472 detenuti per 50.514 posti letto. Cresciuto anche il numero dei suicidi in carcere: dall'inizio del 2019 circa uno a settimana. Il presidente della Camera Roberto Fico: “Sul divieto di tortura e di trattamenti degradanti l'Italia purtroppo non ha ottemperato pienamente a obblighi costituzionali e internazionali".
Meno persone finiscono in carcere, ma troppe non escono
Palma ha spiegato anche che nello stesso periodo il numero di persone finite in carcere è diminuito, sono 887 in meno, quindi l'aumento è dovuto alla minore possibilità di uscita. Cifre su cui il Garante ha invitato il Parlamento a riflettere, perché "nel luogo di ricostruzione, o a volte di costruzione, del senso di legalità non possono essere fatte vivere situazioni che ledono la legalità stessa". Inoltre, "l'attenzione geometrica alla 'cella' non deve far perdere il principio che la persona detenuta deve vivere la gran parte della giornata al di fuori di essa impegnata in varie attività significative. Il nostro modello di detenzione - ha aggiunto - continua, al contrario, a essere imperniato, culturalmente e sul piano attuativo, sulla permanenza nella 'cella', così vanificando la proiezione verso il dopo e il fuori".
“Ogni persona ha il diritto alla dignità personale e alla speranza”
Vale per tutti, ha continuato Palma, "ogni persona, nativa o straniera, libera o ristretta, capace o meno di intendere o in qualsiasi altra condizione", il diritto "alla dignità personale e alla propria integrità psicofisica" e a questi "aggiungo il diritto alla speranza". A questo diritto, ha concluso, corrisponde "l'obbligo" di garantire "la maggiore autodeterminazione possibile nei limiti dati dalla sua condizione e nel contesto dei valori e principi che la nostra Costituzione tutela". E la percezione di insicurezza "non può essere semplicemente assunta, da parte di chi ha responsabilità istituzionali, come un dato, fisso, ingiudicabile; non può costituire il criterio informatore di norme né di decisioni amministrative".
Palma: violazioni dei diritti devono essere sanzionate
Palma ha anche sottolineato che "i primi garanti dei diritti delle persone fermate, arrestate o detenute sono proprio coloro che hanno il compito della loro privazione della libertà. Nessuno spirito di corpo e nessuna difesa della propria appartenenza può far venir meno tale principio". "Ogni violazione - ha aggiunto - deve essere tempestivamente accertata e sanzionata, per non inviare un inaccettabile messaggio d'impunità che lederebbe non solo la fiducia nelle istituzioni, ma lo stesso stato di diritto che è cardine della nostra civiltà giuridica". E sull’introduzione del Taser (COS'È) in dotazione a polizia e carabinieri: “Solo se il suo impiego farà diminuire il ricorso alle armi da fuoco e al contempo garantirà la sicurezza di tutti gli attori coinvolti, si potrà dire che la sperimentazione avrà avuto esito positivo. Rimangono, infatti, le riserve e le cautele già espresse in passato”.
Fico: “Il sovraffollamento diventa una pena aggiuntiva”
"Molto resta da fare, il Parlamento è chiamato a fare la sua parte anche in base alle indicazioni del Garante", ha detto Fico nel suo intervento, citando tra l'altro i problemi delle madri detenute, il numero dei suicidi nelle carceri, "drammaticamente elevato nel 2018", la partecipazione ad attività comuni nei penitenziari delle "persone di diverso orientamento sessuale". Il sovraffollamento delle carceri, ha osservato il presidente della Camera, “diventa una pena aggiuntiva, su questo i miglioramenti sono stati timidi e parziali in questi anni". Migliorare le condizioni di chi sconta una pena in prigione - ha osservato ancora Fico - non è un atto di indulgenza verso chi ha commesso reati. Restituire alla società una persona migliore rispetto a quella che ha fatto il suo ingresso in carcere, che abbia piena consapevolezza della sua dignità e dei suoi diritti, è il migliore antidoto per prevenire che essa torni a delinquere".
I numeri nelle celle
Secondo gli ultimi dati, aggiornati al 26 marzo, i posti regolamentari disponibili nei 191 istituti di pena italiani sono 46.904, ma vi sono presenti 60.512 persone. Quindi 13.608 detenuti in più, con un sovraffollamento del 129%. In un anno, c'è stato un aumento di 2mila detenuti: al 31 dicembre 2017 erano 57.608, al 31 dicembre 2018 59.655. E a preoccupare il Garante sono le ragioni alla base di tale crescita, che non è dovuta ai maggiori ingressi ma a un minor numero di dimissioni, 887 in un anno: "Molto probabilmente perché si utilizzano di meno le misure alternative al carcere". Al 20 marzo di quest'anno risultano detenute 1.839 persone con una pena inflitta inferiore a un anno e 3.319 con una pena tra 1 e 2 anni. Si tratta cioè di 5.158 persone che potrebbero usufruire di misure alternative al carcere, ma che rimangono all'interno degli istituti.
Crescono i suicidi in carcere
Inoltre, nel 2018 ci sono stati 64 casi di suicidio in carcere: un numero che ha segnato un picco di crescita rispetto all'anno precedente, quando erano stati 50. Nei primi tre mesi di quest'anno, si sono tolte la vita in carcere 10 persone, circa una a settimana. Delle 64 persone che si sono suicidate lo scorso anno, 37 non avevano una pena definitiva, tra questi 22 erano ancora in attesa del promo grado di giudizio. L'età media era di 37 anni e il più giovane aveva 18 anni. Ma guardando ai numeri degli anni passati non è possibile mettere in correlazione il numero di suicidi con il numero dei detenuti e il disagio che deriva dal sovraffollamento. Il Garante sottolinea piuttosto "un clima generale che nega la soggettività alle persone detenute", "un clima che si esprime in un linguaggio che in nulla rispecchia il mandato costituzionale, un linguaggio secondo cui il carcere è il luogo in cui si marcisce e non ci si reinserisce nella società".