I segreti dell'algoritmo di YouTube: intervista a Chaslot, ex programmatore Google

Cronaca

Nicola Bruno e Daniele Semeraro

Guillaume Chaslot

Guillaume Chaslot ha lavorato tre anni a YouTube e racconta a Sky TG24: gli algoritmi distorcono la realtà

Su YouTube i video consigliati generano oltre il 70% del tempo di visione. L’algoritmo che li governa è progettato per farci rimanere “attaccati” al computer o al cellulare, proponendoci non necessariamente i filmati più visti, ma quelli dai titoli più accattivanti e sopra le righe.
Il primo ad aprire una breccia nell’algoritmo segreto - e a parlare di disinformazione - è stato un ex-dipendente della società, Guillaume Chaslot. Francese, dottorato in Intelligenza Artificiale, è stato assunto nel 2010 e ha lavorato per tre anni con un solo obiettivo: tenere “incollate” gli utenti al sito attraverso il meccanismo dei video suggeriti. È stato licenziato perché “poco performante”.
Per cercare di “mettere una toppa” all’algoritmo che aveva contribuito a perfezionare, ha deciso di uscire allo scoperto e ha creato un progetto - chiamato Algotransparency - che punta a dimostrare come il sistema spesso raccomandi video contenenti falsità o ipotesi di complotto piuttosto che i video più autorevoli o più cercati su ogni singolo argomento.

Chaslot in cosa consisteva il suo lavoro di programmatore a YouTube?

“Ho lavorato prevalentemente all’algoritmo dei video consigliati. Invece di dover scegliere cosa raccomandare, a YouTube hanno deciso di farlo scegliere a un algoritmo. Un algoritmo progettato per massimizzare il tempo che gli utenti trascorrono sul sito”.

Quindi YouTube con i suoi algoritmi manipola la realtà?

“Non sono i dipendenti di YouTube che manipolano volontariamente la realtà per scopi negativi. Sono gli algoritmi che distorcono la realtà, mostrano una versione alternativa della realtà che aumenta il tempo di permanenza sul sito. Il problema è che massimizzando il tempo di visione spesso YouTube ha dato spazio a teorie della cospirazione o a notizie false, sensazionalistiche”.

Quando si è reso conto di questa problematica ha provato a fare qualcosa?

“Quando ero a Google ho provato un approccio differente che desse all'utente più potere per controllare la veridicità di quello che vedeva. Ma a Google erano interessati solamente ad aumentare il numero di utenti e il tempo di permanenza sul sito”.

Dopo che ha creato AlgoTransparency ha notato che qualcosa è cambiato?

“Effettivamente sì. Ad esempio ho notato che dall'inizio di quest'anno è stato dato più spazio a siti web autorevoli e sono stati fatti passi significativi per valorizzare le fonti giornalistiche più autorevoli”.

 

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