Trattativa Stato-mafia, Di Matteo accusa Anm e Csm: "Nessuna difesa"

Cronaca
il pm Nino Di Matteo il 20 aprile 2018 (Ansa)
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Il pubbico ministero, memoria storica del pool che ha istruito il processo di Palermo, attacca: "Abbiamo avvertito un silenzio assordante". La replica dell'Anm: "Sempre difeso dagli attacchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati"

"Abbiamo avvertito un silenzio assordante e chi speravamo ci dovesse difendere è stato zitto. A partire dall'Anm e dal Csm". Lo ha detto il pm Nino Di Matteo dopo la sentenza sulla Trattativa Stato-mafia. Il magistrato ha attaccato l'Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura, a suo parare rimasti inerti di fronte alle critiche subite negli anni dal pool che ha coordinato l'inchiesta. L'Anm respinge le accuse e, attraverso il suo presidente Francesco Minisci, replica: "Abbiamo sempre difeso dagli attacchi l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati".

La sentenza Stato-mafia

La polemica è scoppiata dopo la sentenza che ha inflitto pene pesantissime a ex vertici del Ros, come Mario Mori, e all'ex senatore Marcello Dell'Utri, condannati a 12 anni e accusati di aver rafforzato Cosa nostra scegliendo la via del dialogo con i clan, durante le stragi del '92 e del '93. E, proprio sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo ha voluto ricordare chi, a suo dire, negli anni delle polemiche non difese la Procura. Minisci ha però precisato, su questo punto, che l’Anm ha sempre tutelato i magistrati e "lo ha fatto a favore dei colleghi di Palermo e continuerà sempre a difendere tutti i magistrati attaccati, pur non entrando mai nel merito delle vicende giudiziarie".

Di Matteo: carabinieri mandati da altri

Di Matteo, però, ha rilanciato anche l'importanza del verdetto e la tesi dell'accusa: mentre esplodevano le bombe mafiose, pezzi delle istituzioni scendevano a patti con i clan. "Gli ufficiali dei carabinieri sono stati condannati per avere svolto un ruolo di mediazione delle richieste della mafia nel '92, quindi rispetto ai governi della Repubblica presieduti da Amato e Ciampi, mentre Dell'Utri è stato condannato per avere svolto il medesimo ruolo nel periodo successivo a quando Berlusconi è diventato premier. È un fatto oggettivo", ha spiegato. "È ovvio che noi abbiamo agito verso soggetti che ritenevamo coinvolti sulla base di un quadro probatorio solido, ma non pensiamo che i carabinieri abbiano agito da soli. Non abbiamo avuto prove concrete per agire contro livelli più alti, ma pensiamo che siano stati mandati e incoraggiati da altri", ha aggiunto. Chi furono i mandanti della trattativa, almeno prima del '93, è ancora oscuro. "Servirebbe un pentito di Stato che facesse chiarezza piena", ha spiegato Di Matteo.

Dell'Utri "cinghia di trasmissione" tra boss mafiosi e Berlusconi

Di certo, per il pm "la sentenza è precisa e ritiene che Dell'Utri abbia fatto da cinghia di trasmissione nella minaccia mafiosa al governo anche nel periodo successivo all'avvento alla Presidenza del Consiglio di Berlusconi. In questo c’è un elemento di novità. C'era una sentenza definitiva che condannava Dell'Utri per il suo ruolo di tramite tra la mafia e Berlusconi fino al '92. Ora questo verdetto sposta in avanti il ruolo di tramite esercitato da Dell'Utri tra 'Cosa nostra' e Berlusconi". I legami tra Dell'Utri e Berlusconi erano già stati sottolineati il giorno della sentenza (20 aprile), dal pm, con lo stesso Berlusconi che aveva replicato così: "È assurdo e ridicolo il tentativo di accostare il mio nome alla trattativa Stato-mafia, non abbiamo mai ricevuto nessuna minaccia dalla mafia". 

Legale di Dell'Utri: Di Matteo falsa la realtà

Alle parole di Di Matteo ha replicato il legale di Dell'Utri, l'avvocato Giuseppe Di Peri: "Spiace che il dottor Di Matteo rappresenti all'opinione pubblica una realtà riduttiva rispetto a quella effettiva. Con la sentenza che ha condannato Dell'Utri per il periodo precedente al 1992 ne è stata pronunciata anche una di assoluzione piena per i fatti successivi a quell'anno che riguardavano tutta la stagione politica e i rapporti tra Dell'Utri, la mafia, Berlusconi e Forza Italia. Rapporti che sono stati assolutamente esclusi". Una nota dei legali di Mori parla, invece, di "sentenza ingiusta e incoerente". Mentre l'ex ministro dc Nicola Mancino, assolto dall'accusa di falsa testimonianza, ha spiegato: "Mai saputo di una trattativa. Mi rifiutai di trattare ai tempi del sequestro Moro, figuriamoci se avrei tollerato di farlo con la mafia". 

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