Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha respinto anche la richiesta di semilibertà. “Il bel René” è stato protagonista della mala milanese negli anni '70 e '80. È stato condannato a 4 ergastoli e a 296 anni di carcere
Le motivazioni dei giudici: "Mai risarcito vittime"
L'intero "percorso" di Renato Vallanzasca "è stato connotato da involuzioni trasgressive imputabili anche" alla sua "personalità" e non è "possibile ravvisare" in lui "il requisito del 'sicuro ravvedimento'", come prevede la legge per la liberazione condizionale, scrive il Tribunale di Sorveglianza di Milano. I giudici ricordano anche che il “bel René” non ha "mai risarcito le vittime dei suoi gravissimi reati", anche quando "lavorando ne aveva avuta la possibilità". Per i giudici, in particolare, la rapina impropria al supermarket del 2014 di oggetti di poco valore, tra cui delle mutande, "depone in senso sfavorevole alla certezza del ravvedimento", anche perché per difendersi Vallanzasca "ha costruito un ragionamento di complotto". Il sostituto pg Antonio Lamanna chiedendo che 'René' restasse in carcere aveva evidenziato, così come i giudici, che neanche il carcere di Bollate parlava di "sicuro ravvedimento".
L'istanza della difesa
Il legale di Vallanzasca, nell'istanza per la liberazione condizionale e in subordine per la semilibertà (in cui il detenuto torna in carcere la sera), aveva ricordato che Vallanzasca sta per "compiere 70 anni" e che ha "trascorso, seppur con qualche breve intervallo, l'intera propria esistenza in carcere". Una detenzione iniziata nel 1972, "con un intervallo complessivo di meno di un anno" fuori "per le due evasioni", e un totale di "mezzo secolo" dietro le sbarre, 45 anni per l'esattezza. "Ci troviamo di fronte - aveva scritto la difesa - a un detenuto entrato in prigione appena dopo il compimento della maggiore età e che oggi uscirebbe da 'vecchio'".