In Italia su gommoni veloci, a bordo anche jihadisti: 13 fermi

Cronaca
Foto d'archivio (ansa)

Nell'organizzazione, composta da italiani, tunisini e marocchini, anche sospetti estremisti islamici. Il traffico fruttava dai 30mila ai 70mila euro a viaggio e permetteva di eludere i controlli

Organizzavano viaggi di migranti dalla Tunisia alla Sicilia su gommoni velocissimi. A bordo salivano passeggeri disposti a pagare caro, in cambio di un trasporto sicuro. Chi approdava in Italia riusciva così a sfuggire ai controlli delle forze dell'ordine e alle procedure di identificazione: un modo, secondo gli inquirenti, che assicurava tra l'altro l'anonimato a chi arriva in Europa con finalità terroristiche. Per questo la Procura di Palermo ha disposto il fermo di 13 persone di nazionalità tunisina, italiana e marocchina. L'inchiesta, condotta della dda di Palermo, ha accertato la presenza, all'interno del gruppo criminale, di estremisti jihadisti. Avrebbero manifestato atteggiamenti ostili nei confronti della cultura occidentale anche attraverso l'attività di propaganda su falsi profili social.

Nell’organizzazione presunti jihadisti

Come hanno scoperto gli inquirenti, in una conversazione intercettata tra uno dei capi dell'organizzazione e un complice, sembra di nazionalità marocchina, emerge l'intenzione di quest'ultimo di andare in Francia per compiere "azioni pericolose a seguito delle quali avrebbe potuto non fare ritorno". L'uomo nel dialogo invitava anche il suo interlocutore a pregare per lui, confidando nell'aiuto di Dio "per compiere quel che doveva fare".

I costi del viaggio: tra i 3mila e i 5mila euro

L'associazione, capeggiata da pericolosi pregiudicati tunisini, operava prevalentemente con trasporti veloci, su gommoni carenati con potenti motori fuoribordo ed esperti scafisti, nel braccio di mare tra la provincia tunisina di Nabeul e quella di Trapani. Consentivano così ai migranti di raggiungere, in poco meno di quattro ore di navigazione, le coste italiane. Ogni viaggio, per il quale venivano imbarcate dalle 10 alle 15 persone, con costi tra i 3mila e i 5mila euro a testa, prevedeva anche il trasporto di sigarette di contrabbando, destinate al mercato nero italiano e in particolare a quello palermitano. Il traffico poteva fruttare complessivamente tra i 30mila e i 70mila euro a viaggio. L’organizzazione, secondo chi indaga, poteva poi contare sull'operato di tunisini, italiani e marocchini che portavano i passeggeri dalle spiagge di sbarco fino alle basi logistiche dell'organizzazione, dove, una volta rifocillati e con vestiti nuovi, i migranti potevano liberamente raggiungere le destinazioni scelte. L'associazione criminale si occupava anche della ricezione e dello stoccaggio delle sigarette di contrabbando, nonché successiva collocazione nelle reti di vendita che facevano capo a una donna italiana. La donna, a quanto pare, era al vertice di una più ampia rete illegale di vendita di prodotti di contrabbando destinati al mercato palermitano.

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