I medicinali venivano comprati all'ingrosso e rivenduti in Africa o Sud Est asiatico a prezzi molto maggiori. Oltre ai provvedimenti cautelari sono in corso anche perquisizioni e ordini di esibizione di documentazione
Tredici persone sono state arrestate dai carabinieri, in diverse città italiane, con l'accusa di aver dato vita a un traffico illegale di farmaci. L'operazione, guidata dai carabinieri del Nas di Milano, ha toccato oltre alla provincia del capoluogo lombardo quelle di Monza, Roma, Napoli e Lucca. Secondo quanto appurato dagli inquirenti, i medicinali venivano acquistati all'ingrosso per poi essere rivenduti in Africa e nel Sud Est asiatico a prezzi molto maggiori.
Le ipotesi di reato
Gli indagati sono ritenuti a vario titolo responsabili dei delitti di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dell'Erario, truffa ad aziende farmaceutiche, autoriciclaggio, ricettazione di farmaci, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Oltre ai provvedimenti cautelari sono in corso anche 11 perquisizioni e 37 ordini di esibizione di documentazione notificati a persone giuridiche legate a vario titolo all'organizzazione criminale.
Il circuito di distribuzione
Le indagini avviate nel gennaio del 2017 hanno consentito ai Nas di Milano di risalire ad un'organizzazione facente capo al titolare di una farmacia-deposito farmaceutico nel centro di Milano. Con i suoi complici, tutti operatori del circuito ufficiale di distribuzione del farmaco, avrebbero acquistato presso le aziende farmaceutiche ingenti quantitativi di "farmaci molto costosi", tra cui medicinali per cure oncologiche e virali, al costo di vendita del farmaco prima dell'immissione in commercio. In seguito sarebbe stata falsificata la loro destinazone, attribuendola a strutture ospedaliere private. In realtà, i farmaci sarebbero stati rivenduti in Africa o nel Sud-Est asiatico, a prezzi molto maggiori di quelli d'acquisto. Gli utilizzatori finali, secondo gli investigatori, sarebbero stati esposti a gravi pericoli per la salute, "poiché la vendita avveniva tramite una filiera non autorizzata e non controllabile ed utilizzando intermediari stranieri che in molti casi erano addirittura estranei al settore sanitario".