Depositate le motivazioni della sentenza che ha confermato la responsabilità dell’imputato ma disposto un nuovo processo per rivedere la pena eliminando l’aggravante della crudeltà. “Omicidio nato in un litigio legato alla conclamata infedeltà coniugale”
Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie Melania Rea, a Civitella del Tronto il 18 aprile 2011, durante una "esplosione di ira" nata in un litigio "tra i due coniugi" e dovuta alla "conclamata infedeltà coniugale". Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi della sentenza con cui, il 10 febbraio scorso, confermò la responsabilità dell'imputato pur disponendo un nuovo processo per rideterminare al ribasso la pena a 30 anni inflittagli in appello, eliminando la contestata aggravante della crudeltà.
“Dolo d’impeto finalizzato ad uccidere” - Secondo i supremi giudici, l'uccisione di Melania è avvenuta "in termini di occasionalità" (dolo d'impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione). Le 36 coltellate inflitte dall’ex caporalmaggiore dell’Esercito Salvatore Parolisi alla moglie Melania indicano infatti che si è trattato di un "dolo d'impeto" finalizzato ad uccidere, ma "la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta" come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. "L'abbandono in stato agonico" della moglie Melania, da parte di Parolisi, "è anch'esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all'assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l'azione)", spiegano i supremi giudici.
Non esclusa concessione attenuanti - Non è escluso comunque che Salvatore Parolisi possa, in sede di ricalcolo della pena, ottenere le attenuanti in seguito all'eliminazione dell'aggravante della crudeltà. "Il mantenimento (o meno) del diniego delle circostanze attenuanti generiche è compito, in tutta evidenza, del giudice di rinvio (corte d'assise d'appello di Perugia), essendo parzialmente mutato il quadro circostanziale posto a carico" di Parolisi, spiegano i supremi giudici.
“Dolo d’impeto finalizzato ad uccidere” - Secondo i supremi giudici, l'uccisione di Melania è avvenuta "in termini di occasionalità" (dolo d'impeto, non essendo stata mai ipotizzata la premeditazione). Le 36 coltellate inflitte dall’ex caporalmaggiore dell’Esercito Salvatore Parolisi alla moglie Melania indicano infatti che si è trattato di un "dolo d'impeto" finalizzato ad uccidere, ma "la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta" come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. "L'abbandono in stato agonico" della moglie Melania, da parte di Parolisi, "è anch'esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all'assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l'azione)", spiegano i supremi giudici.
Non esclusa concessione attenuanti - Non è escluso comunque che Salvatore Parolisi possa, in sede di ricalcolo della pena, ottenere le attenuanti in seguito all'eliminazione dell'aggravante della crudeltà. "Il mantenimento (o meno) del diniego delle circostanze attenuanti generiche è compito, in tutta evidenza, del giudice di rinvio (corte d'assise d'appello di Perugia), essendo parzialmente mutato il quadro circostanziale posto a carico" di Parolisi, spiegano i supremi giudici.