Mose, revocati domiciliari al sindaco Orsoni: non mi dimetto

Cronaca

Per il gip non sussistono più le esigenze cautelari per il primo cittadino di Venezia che avrebbe inoltre concordato 4 mesi di patteggiamento con i pm: "Non ho mai sospettato che i fondi fossero illeciti". Era finito agli arresti lo scorso 4 giugno. VIDEO

Il gip ha revocato gli arresti domiciliari per Giorgio Orsoni: il sindaco di Venezia, quindi, torna in libertà ma rimane indagato nell’inchiesta Mose. Il giudice, accogliendo la richiesta del legale del primo cittadino, avrebbe ritenuto che non vi fossero più esigenze cautelari. Orsoni avrebbe inoltre concordato, attraverso i suoi legali, un patteggiamento a quattro mesi, sulla congruità del quale dovrà ora esprimersi il gup.

"Ho lavorato per il bene della città" - Orsoni, che con la remissione in libertà è tornato a tutti gli effetti sindaco di Venezia, ha escluso di dimettersi dall'incarico. Lo ha detto rispondendo a una domanda nel corso della conferenza stampa convocata dopo la revoca dei domiciliari. Orsoni ha detto di aver sempre operato a favore della città: "Mi sono fatto molti nemici e forse questo è lo scotto che ho pagato".

"Mai sospettato che fondi fossero illeciti" - Sempre nel corso della conferenza stampa, Orsoni ha poi assicurato di non aver mai sospettato che i fondi che gli erano arrivati a sostegno della sua campagna elettorale del 2010 fossero di provenienza illecita. Parlando dei 110mila euro che costituiscono una parte dei fondi su cui la Procura di Venezia ha focalizzato le sue attenzioni, ha spiegato di non aver "mai sospettato" che le aziende che contribuivano se li fossero "illecitamente procurati". "Non ho mai pensato che fossero men che leciti - ha ribadito - Come le imprese che facevano capo al Consorzio Venezia Nuova si procurassero quei fondi non era una cosa che potevo sapere anche perché devo dirvi che ho saputo solo al termine della campagna elettorale chi aveva contribuito e chi non aveva contribuito", ha aggiunto.

L'arresto per finanziamento illecito - Orsoni era stato arrestato, insieme ad altre 34 persone, lo scorso 4 giugno nell'ambito dell'operazione della Guardia di finanza su presunte tangenti e finanziamenti illeciti collegati agli appalti del Mose. Secondo l'ipotesi accusatoria accolta dal Gip in sede di ordinanza, Orsoni avrebbe ricevuto fondi non dichiarati per la sua campagna elettorale per le amministrative del 2010. Di questi finanziamenti parla nei suoi interrogatori Giovanni Mazzacurati, allora presidente del Consorzio Venezia Nuova.

"Ho incontrato Mazzacurati più volte" - A proposito di Mazzacurati, Orsoni ha spiegato: "Ho incontrato l'ing. Mazzacurati più volte, e fu lui a propormi di sostenere la mia campagna elettorale attraverso canali che ho sempre ritenuto leciti". "Ho consegnato anche a lui, come ad altri - ha aggiunto - il numero del conto corrente per la campagna, convinto fosse tutto lecito"

I nomi eccellenti che spuntano dall'inchiesta - Mazzacurati, insieme ad altri super testimoni, tira in ballo anche altri nomi di spicco della politica italiana. Come Gianni ed Enrico Letta e gli ex ministri Giulio Tremonti e Pietro Lunardi. Tutti negano coinvolgimenti e non risultano indagati. Discorso diverso, invece, per l'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan: per lui la procura ha chiesto l’arresto. Il voto della giunta per le autorizzazioni della Camera potrebbe arrivare prima dell’estate.

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